La seduta aperta dedicata alla tematica del disagio giovanile si è aperta con gli interventi dei cittadini iscritti nelle modalità e nei termini previsti dall’ufficio di presidenza del Consiglio Comunale.
Sono stati evidenziati il malessere psicologico nell’età evolutiva, diffuso e non transitorio, e gli episodi di violenza, di vandalismo, di bullismo e di cyber-bullismo che si sono susseguiti, le varie criticità personali e sociali, dipendenze, autolesionismo, disturbi alimentari, consumo di alcol e droghe, ludopadia, detenzione di stupefacenti, risse, aggressioni in branco a danno dei più deboli, uso di psicofarmaci e antidepressivi, abbandono scolastico che caratterizzano le nuove generazioni, fenomeni pregressi ma acuiti dall’isolamento personale causato dalla pandemia, la centralità dell’attività sportiva nel prevenire il disagio giovanile anche alla luce della proposta di modifica costituzionale che intende riservare allo sport, al di là del gesto tecnico legato alle singole discipline, un rinnovato ruolo civico, pedagogico e sociale, l’importanza di snellire gli iter burocratici che disciplinano l’organizzazione degli eventi, di individuare spazi di socializzazione condivisi dove i vari centri giovani lavorino in sinergia anche nella costruzione dei calendari delle varie manifestazioni, di investire maggiormente nei nuovi talenti che desiderano emergere.
E ancora sono state sottolineate le dinamiche familiari dove i genitori sono assorbiti dal lavoro senza avere tempo per l’ascolto, l’educazione e il supporto emotivo dei figli, per scongiurare gesti estremi che sfociano nella rabbia e nell’aggressività nei confronti degli altri e di se stessi, la paura del giudizio altrui veicolato spesso attraverso i canali social e il diritto a compiere le proprie scelte, il fenomeno dei Neet, acronimo che identifica i giovani che non lavorano e non studiano, l’attenzione che caratterizza il lavoro svolto dall’ufficio politiche giovanili, dagli operatori di strada, in grado d’instaurare un rapporto fiduciario con i giovani intercettati, dalla fondazione Thevenin e dalle tante comunità che ospitano minori e donne che vivono nel disagio, le difficoltà attuali degli insegnanti nello “stanare” i giovani che tendono a rinchiudersi nello spazio limitato dei loro cellulari, il paradosso tra mondo interconnesso e solitudini individuali.
Sono emerse la necessità di un maggiore coinvolgimento di cittadini e genitori, la proposta di costituzione di una consulta per l’infanzia e l’adolescenza che metta insieme tutti i soggetti del patto educativo e dove possano essere raccolti e discussi i progetti elaborati dai vari attori territoriali che si rivolgono alle istituzioni e alla politica in vista di una mappa delle necessità dei giovani, una riunione della commissione mensa dove sia illustrato il nuovo capitolato di appalto che disciplinerà il servizio di refezione scolastica, la messa a disposizione dei centri di aggregazione sociale come luoghi di discussione delle varie problematiche a cominciare da quelle che coinvolgono i bambini, un progetto “aretino” di dialogo tra pubblico e privato che riunisca le risorse e le indirizzi soprattutto alla formazione, la sinergia tra scuola-prefettura-associazioni, la proiezione di filmati, curati da psicologi, nelle scuole e in spazi comunali per contrastare bullismo e baby-gang, l’aumento delle risorse che diano sostanza alle leggi nazionali e regionali varate in una logica di prevenzione, la valorizzazione delle scuole musicali, delle palestre scolastiche, della consulta degli studenti, il rafforzamento dei contesti dove i giovani vivono le reciproche interazioni.
Dopo i cittadini sono intervenuti i consiglieri comunali e il primo è stato Michele Menchetti che ha sostenuto come “quello odierno sia un momento di crescita per tutti. La figura genitoriale gioca un ruolo cruciale e dunque dovrebbe impegnarsi nell’ascolto, senza invadenza, Mentre spetta all’amministrazione comunale sostenere le famiglie in questo sforzo nella ricerca di un complicato equilibrio”. Menchetti si è detto favorevole alla proposta della consulta per l’infanzia e l’adolescenza e ha ricordato la battaglia di Ilaria Bidini nella lotta contro il bullismo: “una persona che va certamente ascoltata e coinvolta”.
Renato Viscovo: “Arezzo è la seconda città in Italia dopo Aosta per vivibilità nella fascia di età 0-12 anni, analogamente nella fascia di età tra i 18 e i 35 anni è in buona posizione. Anche per occupazione e imprenditoria giovanile siamo classificati ai primi posti. Arezzo offre molto a livello sportivo e a livello di verde pubblico, è tra le città italiane con il più alto numero di laureati. Parliamo molto del disagio giovanile e delle sue conseguenze, che vanno ovviamente contrastate, ma credo sia bene interrogarsi sulle cause più che sulle conseguenze. Tutti viviamo il disagio giovanile, pensiamo a quanto tempo passiamo sul cellulare, imbattendoci in contenuti violenti e offensivi che se visionati dai bambini producono conseguenze catastrofiche. Cito il fenomeno degli influencer: ebbene, ingenerano la convinzione che dobbiamo valutare le persone in base ai follower e producono pesanti disagi di carattere fisico”.
Marco Donati: “un’alta percentuale di giovani vivono privi di punti di riferimento familiari, ecco perché il pubblico deve riacquistare il suo ruolo e investire di più. Scelgo Arezzo chiede da sempre un progetto di città della formazione perché ad esempio i Neet, che sono stati citati, comportano conseguenze economiche negative e ricadute sulla divaricazione sociale e sul mancato slancio competitivo del territorio. Quante risorse abbiamo sprecato in politiche di intrattenimento e non di crescita e formazione? La fondazione Guido d’Arezzo è destinataria di un milione e 200.000 euro di risorse ma quante ne riserva ai giovani? Dobbiamo aprire corsi di fumetto, laboratori teatrali, spazi di responsabilità. Lasciate da parte i voti e pensate a chi adesso non vota e che rischia di non farlo neanche una volta raggiunta la maggiore età. Creiamo una struttura che coinvolga Asl e persone di riconosciuta competenza, che lavori alla stesura di un’analisi dei bisogni e da questa riparta”.
Per Francesco Romizi “la richiesta di costituire una consulta stabile per l’infanzia e l’adolescenza necessita di una tempistica. Bastano due mesi e la possiamo convocare prima dell’estate. Invito la giunta a prendersi questo impegno ma più in generale la serata odierna richiede soprattutto un’importante assunzione di responsabilità, in primis da parte del sindaco. Peccato, semmai, che manchino alcuni attori che svolgono un ruolo importante in ambito giovanile come scuole e quartieri della Giostra. Il Comune non può aspettare il terzo settore per disporre di una rete a cui partecipare, è esso stesso a doverla promuovere”.
Valentina Vaccari: “spero che venga ascoltata questa esigenza di fare rete, dove il Comune sia capofila e tenga insieme idee e bisogni. I ragazzi vanno ascoltati a partire dalle scuole. Per esperienza personale posso citare la classe dove insegno, una classe multietnica dove lavoriamo su percorsi di inclusione destinati ai genitori ma che da questi ultimi riverberano i loro effetti positivi sui ragazzi. Dobbiamo offrire ricchezza anche nei doposcuola, se promuoviamo progetti interessanti e coinvolgenti distogliamo i ragazzi qualche ora dai cellulari. Poco prima della Brexit abbiamo registrato l’abbandono di decine di studenti che hanno scelto di trasferirsi in Inghilterra prima che si concretizzasse quella prospettiva: li abbiamo persi definitivamente”.
Per Roberto Cucciniello un “tema spinoso, oltre a quello della scuola dove la formazione dovrebbe coinvolgere gli stessi insegnanti, è l’incapacità per i ragazzi di affrontare un mondo basato sul mito del successo. I giovani dovrebbero capire che perfino la sconfitta è un’occasione di ripartenza e potrebbe trasformarsi nel successo di domani. Purtroppo, occorre registrare che anche la sanità pubblica è spesso sprovvista degli strumenti di intervento adeguati per fare fronte alle sfaccettature psicologiche del disagio”.
Per Alessandro Calussi “è importante individuare la cause del problema, che ha un carattere profondo e di portata nazionale. Certamente è nella famiglia che deve nascere il primo obbligo di protezione verso i figli. I genitori, a volte, tendono tuttavia a sminuire e giustificare comportamenti discutibili e che configurano addirittura fattispecie di reato. Nessuno ha la medicina, però la politica deve innanzitutto proteggere il contesto familiare”.
Anche per Mattia Delfini “sono emerse mancanze ma non una problematica specificatamente aretina. Il fenomeno delle baby-gang ha portata addirittura internazionale. Occorre prevenire il malessere ma senza diffondere un clima di paura. Certo, la famiglia è importante ma l’altro ambito decisivo è quello del lavoro. Il tasso di disoccupazione e il disagio economico producono fenomeni marginali. È grazie al lavoro che i ragazzi realizzano i loro sogni”.
Simon Pietro Palazzo: “ritengo che tante idee e suggerimenti verranno accolti, alcuni sono già in progress e ricordo a tale proposito i patti educativi promossi dalla fondazione Arezzo Comunità per iniziativa del vicesindaco Lucia Tanti e che coinvolgono sei istituti comprensivi cittadini. Bisogna tornare a parlare ai giovani come membri di una formazione sociale costitutiva come la famiglia che deve mantenere il suo carattere sostanziale e non essere ridotta a qualcosa di burocratico”.
Egiziano Andreani: “dobbiamo cominciare a chiederci se è stato realmente positivo rinchiudere per mesi i ragazzi a casa. Alcuni faticano a liberarsi dall’isolamento indotto e restano vittime silenziose del post-pandemia. Se parliamo di famiglia, ogni fine settimana vediamo bambini con la valigia in mano che vanno alternativamente dal padre o dalla madre. Chi pensa ai loro diritti? Tutte le istituzioni educative devono lavorare per la legalità e il contrasto alla marginalità. Sicurezza urbana e comprensione devono andare di pari passo. L’amministrazione comunale e la Lega pongono grande attenzione sul disagio sociale, con iniziative che coinvolgono le associazioni del territorio. Cito gli operatori di strada, i voucher sport, il progetto ‘Tempo bello’ e l’altro dedicato all’imprenditoria. Nessuna istituzione tuttavia può farcela da sola. È l’intera società che deve agire in modo uniforme. Occorre poi recuperare i valori immateriali, ovvero i legami familiari o di amicizia, il rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente. Arezzo si prepara a diventare un laboratorio sociale e desidero esprimere riconoscenza alla polizia municipale per il suo contrasto a ogni fenomeno degenerativo, non solo le baby-gang”.
Per Piero Perticai “il calore che faceva sentire un tempo la famiglia sta evaporando. Gli amici stavano assieme giocando con qualcosa che inventavano seduta stante. Le istituzioni devono dare strumenti, pensiamo alla scuola, per recuperare il contatto umano”.
Per la giunta è intervenuto Federico Scapecchi che ha rivendicato “come da parte dell’assessorato condivisione e ascolto in questi anni non siano certamente mancati. Ricordo i tanti bandi pubblici a cui abbiamo partecipato e che abbiamo vinto, intercettando risorse pubbliche che, ad esempio, hanno portato una serie realizzata ad Arezzo, ‘Rumors’, a Denver, in concorso nell’ambito di un festival internazionale di grande prestigio. Le risorse proprie, messe a disposizione dal Comune, sono raddoppiate e questa nuova soglia è stata riconfermata per il 2023. Nel 2022 abbiamo speso 185.000 euro per le politiche giovanili e destinato 900 voucher sport per permettere a tantissimi giovani di frequentare i corsi di sport che preferiscono. Anche il progetto di imprenditoria etica per i giovani ha raddoppiato, passando dal coinvolgimento di una a due scuole.
È tanto, è poco? Certamente è molto di più di quanto investito da precedenti amministrazioni. L’impegno degli uffici è costante e ribadisco sempre in co-pregettazione con il terzo settore. Pensiamo ai centri giovani, nati e valorizzati secondo questa filosofia, dove il Comune non pretende di fare da sé. Sarebbe illogico oltre che improduttivo. Faremo a breve anche la consulta dei giovani e chiediamo proprio a questi ultimi di parteciparvi e sto parlando della fascia di età che va dai 14 ai 35 anni. Ho sentito parlare di corsi di fumetto, ebbene in uno dei centri giovani, finanziati con risorse adeguate in questo triennio, ne è appena terminato uno durato alcuni mesi. Ci sono buone notizie, facciamo tutti lo sforzo di dare il giusto spazio anche a queste”.
Il vicesindaco Lucia Tanti: “esordisco citando i patti educativi di comunità che costituiscono la risposta adeguata all’atteggiamento di chiusura e isolamento che purtroppo ha caratterizzato quest’epoca solcata dalla pandemia. A cosa sono servite le fondazioni? Intanto a svolgere un’analisi della realtà e ad arrivare a questa progettualità condivisa. L’idea di un patto educativo si tradurrà in un atto formale la prossima settimana, è l’inizio di un percorso non certo estemporaneo ma che sta dentro le istituzioni perché sono queste ultime a dover governare le dinamiche e le tendenze e andare oltre le emozioni. E da questo percorso nascerà eventualmente la consulta: qualora avvenga sarà una derivata dei patti educativi, nell’ambito dei quali tutti i protagonisti decideranno assieme se costituirla. E desidero citare un tema che ritengo fondamentale, ovvero il lavoro, elemento valoriale che evita la dispersione del tessuto sociale e delle energie individuali”.
Il sindaco Alessandro Ghinelli ha chiuso il dibattito ricordando che il “tema del disagio giovanile non nasce oggi. Mi piace riportare il passo di un autore che prediligo, Italo Calvino, che citava ne ‘Il visconte dimezzato’ l’esistenza di un disagio personale legato alla difficoltà nel trovare un’identità. Le conseguenze di questo disagio erano diverse da quelle che vediamo nella nostra epoca, ma questo perché viviamo in modo diverso. Le attuali ricadute del fenomeno suggeriscono di prendere con grande serietà la preoccupazione che nutriamo per i giovani e la risposta non può essere che quella di lavorare in rete. Tutti assieme possiamo fare qualcosa di più e in merito l’amministrazione comunale ha creato lo strumento dove può materializzarsi questo patto con le associazioni, le scuole e le famiglie. L’operazione della polizia municipale contro la baby-gang ha fatto emergere anche un problema di modelli: i suoi membri hanno tirato in ballo fonti d’ispirazione delle loro azioni che denotano mancanza di cultura e di conoscenza. Di conseguenza il lavoro da condividere potrà essere di aiuto per giovani se proporrà valori adeguati e corretti modelli da seguire”.