Crossroads di Jonathan Franzen

a cura di Roberto Fiorini

 

Sono i giorni dell’Avvento dell’anno 1971, a New Prospect, Chicago, ma la famiglia Hildebrandt non sembra ansiosa di festeggiare il Natale.
Russ, pastore di una chiesa locale, desidera un unico regalo: passare qualche ora in compagnia di Frances Cottrell, una giovane, adorabile parrocchiana che mette a dura prova la sua fede e il suo matrimonio.
Russ, dovrebbe essere il faro della famiglia Hildebrandt e della comunità, ma invece è un uomo insoddisfatto, in preda alla nostalgia del passato, nessuno lo capisce, neanche i suoi familiari.
Una famiglia americana, gli Hildebrandt, all’inizio dei tumultuosi anni Settanta: un microcosmo di sogni, paure, rivalità e sensi di colpa.

Crossroads di Jonathan Franzen edito da Einaudi con la traduzione di Silvia Pareschi è un romanzo familiare bellissimo che ci dice che la vita è dura e che le famiglie sono spesso impossibili.
Da una parte l’imperativo della legge morale, dall’altra la vita degli esseri umani, emozionante, spaventosa e spesso ingovernabile.
Un dramma domestico coinvolgente e divertente, un puro piacere da leggere

Con ironia ed empatia che sono la cifra della sua letteratura, Jonathan Franzen racconta una storia unica e insieme universale, sullo sfondo di un paese che non ha mai smesso di rifondare i propri miti.
Clem, il figlio piú grande del pastore Russ, vuole partire volontario per il Vietnam, non perché non sia lui stesso pacifista, ma perché non sopporta di essere un ragazzo bianco privilegiato.
Sua sorella Becky, la ragazza piú popolare della scuola, sta cercando di attirare l’attenzione di Dio e insieme quella di un giovane cantante folk, Tanner Evans, il primo che a New Prospect si è fatto crescere i capelli e ha iniziato a indossare pantaloni a zampa d’elefante.
Per impressionare Tanner e irritare suo padre, Becky è entrata in un gruppo giovanile.
E poi il terzo figlio, Perry, un adolescente problematico e geniale, che per Natale ha deciso di smetterla per sempre con la marijuana e diventare un bravo ragazzo: ma non sempre i buoni propositi producono i risultati voluti.

Un grande romanzo sulle piccole vite.
Un romanzo che racconta il disagio esistenziale che così spesso vive all’interno delle famiglie.
Entrare in New Prospect è un po’ come tornare a casa, non ci sono personaggi secondari.

Crossroads dispone i protagonisti della famiglia Hildebrandt come un favoloso diagramma di Venn, mostrando i punti in cui le loro esperienze si intersecano e quelli in cui i membri della famiglia rimangono separati, segreti, un mistero anche per loro stessi.
Franzen è straordinario e brillante nell’inquadrare le bugie che le persone raccontano, le storie, punzecchiando elegantemente i suoi personaggi fornendo punti di vista diversi ai loro racconti spesso auto-giustificanti.
Gli Hildebrandt sono persi e soli, si fanno strada attraverso l’oscurità.

Crossroads conquista con il suo cast di personaggi ben tratteggiati, ognuno di loro sempre piu’ vicino al baratro.
Non sono persone pronte ad accettare il cambiamento.
Sono cauti e prudenti abitanti del Midwest, prodotti del cuore, segni della terra alla deriva nell’era dell’Acquario.
Ognuno sa implicitamente che si sta allontanando e peccando e deve quindi essere punito.
L’avventura deve concludersi con un momento comune di resa dei conti.
Qualsiasi altro risultato richiederebbe un atto di fede troppo grande da parte loro.

Un romanzo domestico che si apre però alla politica, con la sua attenzione alla guerra tra conservatorismo e radicalismo, cristianesimo e attivismo sociale.
Tuttavia, c’è una gran energia inquieta che fa ben sperare per il futuro.
Frustati dai tempi, i protagonisti della famiglia Hildebrandt sono anche agitati e in bilico ma in qualche modo ancora in piedi.
Stanno cercando a tentoni una nuova direzione, un nuovo modo di essere, un ideale da vivere.

Crossroads è un romanzo intenso e trascinante, a tratti comico, a tratti drammatico e pieno di dolore.
Non è esattamente un racconto di realismo sociale, non indaga infatti il mondo degli anni settanta ma sposta l’attenzione su preoccupazioni più esistenziali: come possono le persone essere buone? Possono veramente perdonare se stessi e l’un l’altro?

Un romanzo pieno di vita insomma che racconta l’inadeguatezza della vita stessa.
La trama del romanzo e il dialogo tra i personaggi suggeriscono diverse possibili risposte a queste domande che chiaramente non svelerò.
Sta di fatto che pensare costantemente di essere buoni è esattamente l’opposto di essere buoni.
La mente è troppo fragile e troppo spesso troviamo motivi per fare comunque ciò che vogliamo fare disinteressandoci degli altri.
Il romanzo procede con calma, i muri della famiglia Hildebrandt crollano lentamente, eppure le conseguenze non sono quelle che ci aspettavamo o forse sognavamo.

 

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