Alla proiezione del documentario No Other Land, a Soci, ci siamo lasciati con un impegno.
Avremmo dedicato un momento specifico alla discussione su quanto accade in Palestina, che non era possibile in quelle circostanze, in quel luogo, con quei tempi.
La proiezione era, del resto, anche il nostro modo per ricordare che ci siamo, ci dobbiamo essere, e dobbiamo però farlo sempre meglio, con più intelligenza e coraggio, anzitutto mettendo in discussione le forme del nostro impegno e l’apparato di pensiero che lo sostiene.
Mantenendo l’impegno, lanciamo quindi questa assemblea pubblica: una discussione franca ed aperta per parlare di Palestina e di noi, del ruolo degli Stati Uniti, della NATO, dell’UE, quindi dell’Italia, nella guerra condotta contro il popolo palestinese.
Di fronte alla distruzione totale di un popolo che si estende da Gaza alla Cisgiordania ed all’accelerazione dell’economia di guerra da parte dell’Unione Europea, nel tentativo di salvare un mercato ed un lavoro morenti, ci sono richiesti un impegno ed una forza oltre i condizionamenti e le servitù del lavoro, di chi pretenderebbe di darcelo, dei falsi bisogni del mercato e del suo dominio, dei costi imposti per sopravvivere, dell’impoverimento delle nostre aspettative e del nostro immaginario.
Questo impegno e questa forza passano, anzitutto, dalla volontà di guardare attraverso e oltre la propaganda di guerra a cui siamo quotidianamente sottoposti per provare ad acquisire una conoscenza e una coscienza libere e liberate e cercare, quindi, di agire di conseguenza, in un modo che, considerati i fini e i mezzi del dominio, non può che essere radicale e antagonista.
Perché quello condotto in Palestina è un genocidio e non solo l’uccisione di migliaia di civili in un contesto di guerra?
In quali termini questo genocidio è frutto di un progetto preciso di uno Stato (Israele) nazionalista, fanatista, colonialista, con il sostegno e la complicità degli Stati (USA – UE – Italia), da sempre imperialisti e colonialisti, in cui ci muoviamo come cittadini e da cui ricaviamo i nostri privilegi e le nostre presunte ricchezze?
Perché quindi la resistenza del popolo palestinese è la nostra Resistenza, è una Resistenza giusta, da sostenere senza condizioni?
Abbiamo il dovere di prendere una posizione, farlo il prima possibile e muoverci di conseguenza, anche nei nostri territori e soprattutto nei nostri territori.
La questione ci riguarda profondamente, non solo per il ruolo dei governi e dei poteri a cui svendiamo quotidianamente le nostre vite ed i nostri tempi, in cambio di un artefatto benessere con ricadute però autentiche e con danni enormi ed irreparabili, ma anche per le prospettive delle nostre stesse esistenze.
Per questo ci siamo presi l’impegno di chiamare questa assemblea pubblica.
Per non lasciare cadere nel vuoto i turbamenti che pure potrebbe aver sollevato il documentario, così come le notizie che, seppure distorte dalla propaganda, comunque rivelano qualcosa delle ragioni che muovono le “parti in conflitto”.
Per affrontare ed eventualmente sciogliere i nodi che impediscono di vedere e di contrastare, quindi, in modo organizzato ed efficace, l’ideologia dominante che ci governa ed annichilisce, anzitutto schierandoci nella questione Palestinese ed affiancare a quella lotta di liberazione la nostra lotta di liberazione.
Una discussione franca e aperta, come detto, in cui i termini comunità e politica riprendono il loro senso e diventano il contesto ed il fine di un discorso prima di tutto critico e libero.