Assange, a Londra il secondo giorno d’appello contro l’estradizione negli Usa

Per i diversi reati che gli vengono contestati rischia fino a 175 anni di carcere

Si svolge stamani la seconda e ultima giornata dell’udienza d’appello all’Alta Corte di Londra per impedire l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, il giornalista australiano fondatore della piattaforma ‘Wikileaks’.

Il blogger è accusato di spionaggio, cospirazione e altri reati per via delle decine di migliaia di documenti classificati e dispacci diplomatici che ha diffuso tramite Wikileaks e che hanno svelato crimini e violazioni commesse in varie operazioni militari condotte dagli Stati Uniti, in particolare in Iraq e in Afghanistan. Per i diversi reati che gli vengono contestati rischia fino a 175 anni di carcere, per via del principio giuridico secondo cui, a fronte di diversi reati, il giudice può valutare il cumulo degli anni di carcere.

La vicenda di Assange prosegue da 14 anni. Nel 2019 è stato arrestato dalla polizia e portato nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, dove da allora i suoi legali tentano di far decadere il mandato di estradizione oltreoceano accordato dalla magistratura britannica. La tesi della difesa si fonda sui trattati internazionali, a partire da quello che vieta l’estradizione per motivi politici.

La moglie di Assange, Stella Moris, alla folla che si è riunita davanti l’Alta Corte ha detto: “Gli Stati Uniti stanno commettendo un abuso del proprio sistema legale e cercando di perseguitare e intimidire tutti noi”. In ballo, continua Moris, “c’è la possibilità di rendere pubblici i crimini commessi dagli Stati. L’esito di questa udienza rivelerà l’ampiezza di questi insabbiamenti”.

“Qui si gioca il futuro del giornalismo” ha aggiunto Rebecca Vincent, direttrice campagne di Reporters without borders (Rsf). “Abbiamo sperato che la magistratura britannica avrebbe fatto giustizia, e ora siamo qui che ci speriamo ancora, tuttavia sappiamo che la vicenda di Assange è un caso politico che richiede una soluzione politica”. L’attivista ha quindi lanciato l’appello al dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti: “Sono loro che possono far decadere le accuse e lasciare Julian libero”. Vincent ha ricordato che il contributo del blogger al giornalismo: “La pubblicazione su Wikileaks dal 2010 di documenti classificati ha permesso di informare in modo ampio l’opinione pubblica di tutto il mondo, permettendo di conoscere crimini di guerra e violazioni dei diritti umani i cui responsabili non sono mai stati perseguiti. Solo chi ha pubblicato queste informazioni però è in tribunale. È il primo editore a essere perseguitato in questo modo e questo costituisce un allarmante precedente che potrebbe colpire qualsiasi giornalista o testata. È in gioco il futuro del giornalismo. Chissà in questi 14 anni quante altre storie non sono state raccontate”.

Se l’istanza in appello dovesse essere respinta, ad Assange resta solo la possibilità di un intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che potrebbe ordinare al Regno Unito di fermare l’estradizione.

FONTE
AGENZIA DIRE
WWW.DIRE.IT

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