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C’è Massimo e Massimo

Pubblico integralmente un messaggio postato sulla sua pagina Facebook dall’on. Pino Cabras in data 20 c.m. ore 11.06 (https://www.facebook.com/pinokabras) a proposito della trasmissione radiofonica Giu’ la maschera condotta da Marcello Foa.

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La macchina dei kapò che abusano della parola “negazionista” è a pieno regime dopo la puntata di Giù la maschera su Rai Radio1.

I fucili sono puntati su uno degli ospiti della trasmissione, Massimo Citro, al quale rimproverano la contrarietà alle terapie geniche imposte per affrontare “Lo Grande Morbo Dello Secolo”.
E ovviamente puntano i fucili anche su Marcello Foa, che pratica una cosa per loro insopportabile: un giornalismo onesto e pluralista.
 
Eppure, ne avrebbero da indignarsi, se avessero considerato le parole dell’intoccabile Massimo Galli, una delle vedette più acclamate ai tempi dei siparietti di Tele-Ipocondria. Proprio Galli, e proprio in quella trasmissione, ha osato dire che i problemi degli eventi avversi post-inoculazione sono soltanto «fanfaluche», perché «fino ad adesso, non si è avuto un reale significativo riscontro di eventi collaterali gravi».
Quello di Galli è un infame insulto agli “invisibili” che reclamano un po’ di attenzione sulle loro personali tragedie di quest’epoca folle.
Ed è un approccio irresponsabile, nel momento in cui le tavole di mortalità vedono un allarmante incremento dei decessi per anno in tutti i paesi. Nulla da dire su di lui?

Secondo il direttore di Radio1, Francesco Pionati, i conduttori delle trasmissioni «in presenza di dichiarazioni estreme rese dai loro ospiti» dovrebbero precipitarsi con la lingua penzoloni «a chiarire che le stesse sono fatte a titolo personale e non rispecchiano in alcun modo la posizione della redazione e della Rete».

Però c’è Massimo e Massimo.

Su Citro la tempesta, su Galli la licenza di sproloquio, come nella trasmissione di RAI Radio Uno e come quando non gli bastavano mai i confinamenti e i lockdown perché prevedeva catastrofici collassi delle terapie intensive che puntualmente non si verificavano.
E quando da Fazio quell’altro profeta dell’insulto e della paura, Roberto Burioni, diceva che quel farmaco di cui faceva il piazzista «protegge dal contagio», eravamo certo «in presenza di dichiarazioni estreme» rese da un ospite.

Ma i kapò di oggi se ne beavano, anziché inchiodarlo con una rigorosa confutazione delle sue falsità.

Insomma, siamo ancora fermi lì, a quella narrazione, alle loro censure, al loro squadrismo per procura.
Per questo la vicenda di questa trasmissione radio è ancora attuale e importante per quel che resta della libertà di parola.
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