a cura di Roberto Fiorini
Con la rivisitazione dell’Iliade, Madeline Miller nel 2011 ha rielaborato l’epopea della storia d’amore tra Achille e Patroclo, portandoci nel cuore emotivo di alcune dei passaggi piu’ commoventi e memorabili del poema.
Il libro fu un successo incredibile, facendo vincere alla Miller – allora insegnante di latino e greco – il premio Orange e un posto nelle classifiche dei bestseller.
Quello che stava facendo non era nulla di nuovo – gli scrittori hanno spesso reimmaginato l’opera di Omero a partire dall’Eneide – ma lo stile narrativo contemporaneo e la sensibilità moderna ne hanno fatto qualcosa di veramente straordinario.
In fondo un romanzo storico dovrebbe bilanciare sapientemente il passato e il presente in modo da celebrare ed abbattere la distanza tra l’allora e oggi.
Ne La canzone di Achille Madeline Miller è riuscita a ricostruire quell’antica guerra in modo avvincente, la sua visione del rapporto tra Achille e Patroclo era quella di una sensualità senza tempo.
Con Circe pubblicato da Sonzogno editore con la traduzione di Marinella Magri, Madeline Miller riparte dalla maga raccontata da Omero che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali.
Di Circe sembra di sapere già tutto.
Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica.
Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dèi.
“Il suo palazzo era vicino a quello di Oceano, sepolto nella roccia della terra, e le sue pareti erano fatte di ossidiana“.
Fin dall’inizio veniamo resi consapevoli dello status inferiore di Circe.
“Circe è ottusa come una roccia“, dice suo padre.
Prende il nome dai suoi occhi gialli – circe significa falco – e dal “suono sottile” del suo pianto, che in seguito apprendiamo essere dovuto al fatto che è nata con la voce di un mortale, non di un dio.
Circe assiste alla punizione di Prometeo e questo accende un profondo interesse per gli umani.
Poco dopo, incontra Glaucos, un pescatore, e diventano amanti.
Desiderosa di preservarlo dalla sua stessa mortalità, fa il primo uso di pharmaka, le erbe magiche che attivano la sua stregoneria.
Glaucos diventa un dio, “torreggiante come un’ondata di mare“, dai capelli verdi e armato di tridente.
Si stanca rapidamente della modesta Circe e trasferisce le sue attenzioni su Scilla, una bellissima ninfa del mare.
Circe, infuriata, rivolge la sua stregoneria contro la ninfa e viene esiliata su un’isola bellissima e disabitata.
Sull’isola di Eea, non si perde d’animo, studia le virtù delle piante, impara ad addomesticare le bestie selvatiche, affina le arti magiche.
Ma Circe è soprattutto una donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia e nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino – con l’ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l’astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope.
Finché – non più solo maga, ma anche amante e madre – dovrà armarsi contro le ostilità dell’Olimpo e scegliere, una volta per tutte, se appartenere al mondo degli dèi, dov’è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare.
Come per il suo romanzo precedente, la grande abilità è il modo in cui Madeline Miller dà voce a una prospettiva precedentemente smorzata nei classici, forgiando una grande storia d’amore dagli “scarti” lasciatici dagli antichi.
Se La canzone di Achille recuperava dall’Iliade una storia d’amore omosessuale semisepolta, Circe ci regala un taglio al femminile sull’Odissea.
“Umiliare le donne sembra essere uno dei passatempi principali dei poeti“, dice Circe a un certo punto.
“Come se non ci potesse essere storia a meno che non strisciamo e piangiamo“.
Non è un caso che Circe venga pubblicata appena un anno dopo la prima grande traduzione femminile dell’Odissea di Emily Wilson ricorda Madeline Miller ribadendo che “la questione di chi conta è in realtà centrale per ciò di cui parla il testo“.
La Circe di Madeline Miller, che nell’originale greco è raccontata in poche decine di righe, ha un profondo significato.
Hilary Mantel ha parlato più volte dei problemi che sorgono quando i costumi etici moderni vengono messi in bocca a personaggi storici.
Nelle sue Reith Lectures, dice: “Questa è una difficoltà persistente per le scrittrici, che vogliono scrivere di donne del passato, ma non possono resistere alla tentazione retrospettiva di emanciparle“.
Madeline Miller si fa bonariamente beffa del pensiero della Mantel in modo convincente, gioioso e potentemente commovente.
La canzone di Achille è stato ed è un bestseller, ma la sua accoglienza critica fu decisamente controversa.
I critici – e quasi sempre maschi – lamentavano le inesattezze storiche, le libertà prese con il testo, i cliché.
Non avevano forse colto il punto: la Miller stava cercando di rendere popolari storie che erano già popolari tre millenni fa, impiegando gli strumenti del romanziere per rivelare nuovi paesaggi interiori in questi racconti molto familiari.
Nella sua Circe realizza un collage – da Ovidio a Omero a un’altra epopea perduta, la Telegonia – ma l’istinto guida è quello di ripresentare i classici dal punto di vista delle donne coinvolte in essi, e di farlo in un modo che renda questi testi secolari vibranti di rilevanza contemporanea.
Poggiando su una solida conoscenza delle fonti e su una profonda comprensione dello spirito greco, Madeline Miller fa rivivere una delle figure più conturbanti del mito e ci regala uno sguardo originale sulle grandi storie dell’antichità.
Circe illumina storie conosciute da una nuova prospettiva.
I lettori che hanno familiarità con l’Odissea ricorderanno ovviamente la visita della viandante alla sua isola: la strega che trasforma i marinai in maiali, e che alla fine invita Ulisse a essere il suo amante e a rimanere con lei, insieme ai suoi uomini, per un anno.
Altri lettori ricorderanno che Circe – zia di Medea, sorella di suo padre, Eete – purificò Medea e Giasone dai loro crimini, mentre fuggivano dalla Colchide con il vello d’oro e uccidevano il fratello di Medea.
Compare anche nella storia del Minotauro: Pasifae, moglie del re Minosse e madre di Fedra, Arianna e il Minotauro (generato, ovviamente, da un toro sacro), è la sorella di Circe.
In tutte queste storie, Circe è allo stesso tempo importante e marginale, così come è una figura dai poteri incerti, un’immortale minore, figlia di Helios, dio del sole e Titano, e di Perse, un’umile naiade.
Madeline Miller scrivendo ancora una volta in prima persona dà voce a Circe come personaggio poliedrico e in evoluzione.
La sua infelice giovinezza viene spiegata, come la maggiore e la meno amata dei figli di Perse, da Helios, derisa per la sua voce sgradevole (imparerà più tardi, da Hermes, che sembri una mortale).
Segretamente gentile con Prometeo dopo che è stato condannato per aver dato il fuoco agli umani, viene esiliata non per questa trasgressione ma per il suo uso della stregoneria per trasformare il mortale Glauco, di cui è innamorata, in un dio; e, quando Glaucos la disprezza per la bella ma inetto ninfa Scilla, per averla trasformata nel mostro marino che affliggerà i marinai per generazioni.
Circe è una lettura molto piacevole che combina racconti familiari come la nascita del Minotauro o l’arrivo di Ulisse e dei suoi uomini sull’isola di Circe ad altri frammenti di altri storie correlate: uno sguardo a Dedalo e Icaro, un cenno al destino finale di Medea dopo che lei e Giasone hanno lasciato Aiaia.