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Fame di organi

Anatomia corpo umano

Anatomia corpo umano

il 19 novembre a Sansepolcro si è svolto un interessante incontro organizzato da numerosi club ed associazioni sul tema “Io dono, so perchè, non so per chi” avente ad oggetto la necessità di fare il punto sulla elevata richiesta di donazione di organi che ad oggi riguarda circa 8.000 pazienti in attesa di un trapianto (fonte: https://trapianti.sanita.it/statistiche/liste_attesa_1.aspx)

Volantino della iniziativa sulla donazione

Tra gli interventi quello del Dott. Di Schiena coordinatore ospedaliero “donazioni e trapianti” nonché anestesista e rianimatore presso l’ospedale S. Donato di Arezzo il quale ha illustrato il mutamento della definizione del concetto di morte e la relativa evoluzione nel tempo (come dimostrato dalla iniziale necessità di un cuore battente alla fine degli anni ’50) fino alle conclusione formulate nel 1991 dal Comitato Nazionale di Bioetica  (vedasi anche https://bioetica.governo.it/media/1927/p2_1991_definizione-accert-morte_it.pdf). Malgrado l’evoluzione del concetto di morte, tuttavia, permangono in ambito comunitario delle differenze, a dimostrazione che il criterio artificiale non ha ancora trovato unanime consenso e così infatti la definizione muta se osserviamo la disciplina nel Regno Unito.

All’incontro è intervenuto tra gli altri il Dott. Loschi, magistrato presso il Tribunale di Perugia, il quale ha ben evidenziato come l’approvazione di una legge non risolverebbe i problemi quando in ballo ci sono aspetti così personali oltre che etici in quanto strettamente riconbucibili ad una visione della vita ultra terrena.

Quest’ultimo ha evidenziato come sussistano due modelli teorici molto diversi tra loro in tema di donazioni: il primo è quello “materialistico-individualistico” in base al quale lo Stato può appropriarsi del corpo per svolgere una funzione di utilità sociale; il secondo è quello “individualistico” in base al quale la scelta sul proprio corpo spetta esclusivamente al diretto interessato. Concludeva il proprio intervento citando Karl Jung per il quale “si sopravvive di ciò che si riceve ma si vive di ciò che si dona”.

Tra gli interventi del pubblico in sala, ha preso la parola un sanitario che ha condannato la scarsa propensione alla donazione in alcune Regioni come per esempio l’Umbria facendo ricadere la responsabilità sulle strutture ma la colpa sui cittadini. Una parte della sala ha applaudito a questa affermazione.

Tuttavia, qualora questo giudizio di colpa sui cittadini dovesse dilagare, ci (ri)troveremmo di fronte ad un nuovo obbligo mascherato dalle migliori intenzioni altruistiche. Addossare la colpa sui cittadini che hanno sentito e così deciso di non donare i propri organi o quelli del proprio familiare comporta automaticamente una attribuzione di responsabilità e conseguente condanna?

Nel generale decadimento ed estremizzazione del momento storico che stiamo attraversando siamo sempre più accompagnati, su tutti gli argomenti, dalla formazione di tifoserie dell’una o dell’altra squadra a secondo del tema trattato mentre la soluzione è molto semplice e non distante da noi.

Fino a qualche anno addietro su temi così intimi e riguardanti il proprio corpo si lasciava “libertà di coscienza”: vivere senza restrizioni le proprie convinzioni personali, religiose, morali e politiche.

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