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Finchè c’è Draghi c’è Speranza!

Roberto Speranza

Roberto Speranza

di Stefano Pezzola

Non c’è Speranza.

Come è possibile che un uomo privo di qualità e carisma politico, iscritto ad un partito pressoché inesistente (LEU) e senza alcuna esperienza nella sanità sia stato messo a capo del Ministero della Salute?

E come è possibile che lo abbiano lasciato gestire la pandemia nel modo disastroso che tutti conosciamo bene e che addirittura Mario Draghi lo abbia confermato in quel ruolo nel governo dei tecnici?

Da assessore all’urbanistica del Comune di Potenza a Ministro della salute, una la parabola misteriosa, per certi versi incomprensibile.

Anche l’autorevole quotidiano tedesco Der Spiegel inserisce Roberto Speranza in un dossier nel quale denuncia le malefatte, le omissioni e gli insabbiamenti nell’emergenza coronavirus.

Senza scomodare il prestigioso periodico tedesco, ci eravamo accorti anche in Italia che il Ministro è a dir poco inadeguato.

Niente aggiornamento del piano pandemico, nessun potenziamento dei posti letto ospedalieri, protocollo sanitario anti-Covid che non contempla, in modo letale per tanti pazienti, le fondamentali cure domiciliari.

È stato capace solo di chiudere tutto e di minacciare nuove chiusure.

Diciamolo subito.

Non credo alla narrazione per la quale Roberto Speranza sia semplicemente la persona sbagliata nel posto sbagliato.

Tutt’altro.

Speranza è stato messo lì esattamente per fare quello che ha fatto.

Ma perché proprio lui?

Una formazione politica numericamente irrilevante.

Nessun carisma e neppure una forte personalità.

Come detto non si è mai occupato di sanità in vita sua.

Apparentemente non c’è una ragione logica per la quale sia stato nominato in quel ruolo e ne sia stato confermato dopo la rovinosa gestione dell’emergenza.

Scavando nel mondo politico da cui proviene, l’analista politico e scrittore Davide Rossi, ha portato invece alla luce i forti legami che Roberto Speranza ha attraverso Massimo D’Alema, con un’antica società elitaria inglese: la Fabian Society.

Una realtà politica anglosassone, semisconosciuta in Italia anche agli addetti ai lavori, ma molto potente e con una storia per così dire affascinante.

Emergono anche i legami di Mario Draghi con il Fabianesimo.

La Fabian nasce 137 anni fa, il 4 gennaio del 1884 in un ristorante di Londra.

Ha lo status di semplice associazione, priva di personalità giuridica, ma i suoi membri sono ancora oggi molto influenti e dentro ai sistemi di comando di mezzo mondo e dettano le principali parole d’ordine dell’establishment.

Ad esempio, il termine Nuovo Ordine Mondiale (New World Order), che abbiamo sentito riecheggiare tante volte in questi ultimi vent’anni, è di loro conio.

New World Order è il titolo del saggio di uno dei Fabiani più illustri: Herbert George Wells.

In questo libro del 1940, a pochi mesi dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, lo scrittore quattro volte candidato al premio Nobel, vagheggia un governo mondiale socialista fondato sul primato della scienza.

Così come era Fabiano un altro grande scrittore, quel George Orwell che nel suo “1984” ci descrive in modo inquietante una società totalitaria e del controllo, tanto vicina a quella che stiamo vivendo da quando è scoppiata la crisi denominata Covid 19.

L’autore ci indica i nomi dei politici e degli uomini della finanza internazionale legati alla Fabian e ci descrive, con dovizia di particolari, il sistema di potere della London School of Economics, l’università dei Fabiani, vero e proprio centro della tecnocrazia mondiale.

Davide Rossi nel suo libro “La Fabian Society e la pandemia” denuncia con dovizia di dati e documenti la manipolazione che sta dietro alla narrazione terroristica del coronavirus, la gravità dei ricatti legati alla campagna vaccinale e le conseguenze economiche di quanto sta accadendo.

Prova inoltre ad individuare gli obiettivi di questa operazione e constata come questi coincidano, in modo inquietante, con quelli, totalitari e antidemocratici, dei primi pensatori Fabiani.

Il Ministro del Lockdown quindi non è lì per caso: dietro di lui un mondo progressista che sogna la transizione fabiana.

In questo universo politico progressista il lockdown non è solo proposto come l’unico rimedio al virus ma anche come una soluzione moralmente giusta.

Cioè, l’osservanza cieca delle misure restrittive è segno distintivo di civismo, di amore per gli altri, di superiorità morale, vecchio difetto della sinistra di tutto il mondo.

Chi esprime dubbi o dissenso verso le misure liberticide è un incivile, un parvenu e, in fin dei conti, un bieco fascista.

Da questo punto di vista, Speranza in Italia ha portato avanti questa impostazione con coerenza e determinazione.

Lui si definisce socialista liberale, che è un ossimoro ma che lo riconduce dritto alla tradizione del fabiano più importante d’Italia: Carlo Rosselli.

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