Nel centenario della nascita di Franco Basaglia, l’Università di Siena, con la collaborazione della Provincia di Arezzo, organizza la mostra “Arte ai margini. Livio Poggesi e l’atelier di pittura dell’ospedale psichiatrico di Arezzo, 1958-1978”, a cura di Luca Quattrocchi e Paolo Torriti docenti dell’Ateneo.
L’esposizione è visitabile ad ingresso gratuito dal giovedì alla domenica, dalle ore 10 alle ore 18, presso l’Atrio d’onore del Palazzo della Provincia e la Galleria Ricasoli (via Ricasoli 34).
Negli anni Cinquanta, infatti, il riconoscimento diagnostico, terapeutico e, non ultimo, artistico delle opere dei ricoverati portò alla nascita di diversi ateliers. All’interno di tali laboratori si utilizzavano le attività artistiche come mezzo preventivo, terapeutico, riabilitativo e di mantenimento del benessere psico-fisico dei malati di mente. In breve tempo, tuttavia, l’arte dei pazienti divenne una forma riconosciuta di espressione creativa.
Questa mostra promossa dall’Università di Siena, che nella sua sede aretina occupa il complesso di edifici dell’ex Ospedale neuropsichiatrico, ricostruisce la vicenda ventennale dell’atelier, sulla base della cospicua documentazione e delle molte opere realizzate dai pazienti attualmente conservate nell’archivio dell’Ateneo.
L’iniziativa è realizzata nell’ambito delle attività del Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali e del Dipartimento di Filologia e Critica delle Letterature Antiche e Moderne dell’Ateneo senese.
Alle opere conservate dall’Ateneo, attraverso una paziente ricerca, numerose altre se ne sono aggiunte, generosamente messe a disposizione per la mostra dagli eredi dei ricoverati e da collezionisti privati. Precedute da una sezione introduttiva dedicata a Villoresi, le oltre ottanta opere in mostra sono state create da pazienti disinteressati al mercato e spesso indifferenti alla altrui comprensione e approvazione; opere nate probabilmente con un unico destinatario: il suo autore nel momento in cui le realizzava. Tra le diverse personalità di “artisti ai margini” di cui è stato possibile ricostruire il profilo, spicca quella di Livio Poggesi, alla cui produzione, stupefacente per qualità e inventiva, è dedicata una ricca sezione monografica a chiusura della mostra. I dipinti di Livio Poggesi riflettono i turbamenti emozionali e sentimentali della sua vita: sogni, ricordi, angosce e visioni ci vengono trasmesse attraverso le sue tele. Opere libere da ogni eredità formale e da ogni influenza culturale e stilistica; creazioni che vanno oltre le nostre consuetudini e i nostri modelli, che superano pertanto i confini della critica, ma che reclamano forte la loro appartenenza all’universo dell’arte.
L’azienda Giovanni Raspini è sponsor unico dell’evento.
L’ampio catalogo, pubblicato dalla FUP Firenze University Press – USiena Press, presenta saggi di Bianca Tosatti, Roberto Boccalon, Luca Quattrocchi, Sabrina Picchiami, Paolo Torriti, Lucilla Gigli, Antonella Moriani e Stefano Moscadelli.
Scrive il Rettore Roberto Di Pietra: “Nella mostra dedicata all’atelier di pittura dell’Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo la storia ritrova la luce e trova la via per essere conosciuta, recuperando dall’ombra opere e documenti che sono commentati e presentati in un vibrante catalogo che espone i contributi di importanti studiosi. A loro ed a quanti hanno collaborato alla realizzazione della mostra va il ringraziamento dell’Università di Siena per l’opera di disvelamento di una memoria altrimenti ignorata, che trova invece spazio e visibilità per raccontare nella storia del complesso del Pionta alcune tra le storie che possiamo e dobbiamo raccontare in una paziente e dolorosa ricostruzione che muove i suoi primi ma importanti passi”.
Alessandro Polcri, Presidente della Provincia di Arezzo: “Siamo grati all’Università di Siena e ai suoi studiosi per aver riportato alla luce una pagina importante non solo della storia cittadina, ma ancor più della storia degli approcci innovativi nel campo della terapia psichiatrica italiana. L’atelier di pittura dell’Ospedale aretino, infatti, negli anni Cinquanta si pone come un laboratorio psicoterapeutico d’avanguardia, che ha confronti solo con gli analoghi spazi aperti negli Ospedali di Imola (1952) e Verona (1957). Ma tutto ciò ha anche un risvolto di carattere prettamente artistico, come le opere esposte ed i saggi in catalogo dimostrano: un’“arte ai margini”, che per molto tempo è rimasta tale, ma della quale oggi con questa mostra, nella simbolica e concreta vicinanza tra ‘illustri’ ed ‘esclusi’ negli spazi del Palazzo della Provincia, intendiamo riconoscere la piena e autonoma validità espressiva”.
Lucia Tanti, Vice Sindaco del Comune di Arezzo: “Arte, cura, libertà sono tre “questioni” intimamente connesse di cui è utile sempre riannodare le fila. In questo caso lo è più che mai visto che questo tema si connette strettamente alla storia di questa città e al suo rapporto con la salute mentale e le evoluzioni culturali che ne discendono, molte delle quali ancora tutte da costruire”.
Spiegano i curatori, Luca Quattrocchi e Paolo Torriti: “Viene così ricostruita la vicenda ventennale dell’atelier, sulla base della cospicua documentazione e delle molte opere realizzate dai pazienti attualmente conservate nell’archivio dell’Ateneo. Un archivio che intendiamo debba avere un ruolo di memoria attiva, di sollecitazione alla condivisione civica e alla consapevolezza critica della confluenza di storia collettiva e storie private, anche, e forse a maggior ragione, quelle storie dolorose vissute all’interno degli ospedali psichiatrici e dei manicomi. La mostra è anche un omaggio all’impegno di quei medici che fecero dell’Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo un laboratorio sperimentale di terapie alternative, in una stagione propedeutica al superamento della reclusione manicomiale e alla chiusura degli istituti psichiatrici: e non è certo un caso che questa mostra si tenga nel centenario della nascita di Franco Basaglia”.