Lettera aperta a Paola Cortellesi di Mauro Bertamè

Mi permetta una riflessione sulle Sue considerazioni inerenti la favola di Biancaneve che a Suo parere sarebbe sessista in quanto, la bella fanciulla protagonista, avrebbe fatto da colf ai sette nani.
Innanzi tutto Le faccio notare che fare la colf non è un disonore ma un lavoro dignitoso come tutti i lavori onesti.
Sicuramente non sarà la massima aspirazione professionale per donne e uomini (sì, perché vi sono anche molti uomini che svolgono tale mansione) ma non tutte hanno avuto la fortuna che ha avuto Lei.
La fortuna di nascere bella, di avere un innegabile talento e soprattutto di avere la capacità di ruffianarsi a destra e a manca (nel Suo caso solo a manca) per ottenere visibilità e successo.
Ma ciò non toglie che chi passa il battitappeto su quel red carpet sul quale sfilano quelle come Lei agghindate in “mises” firmatissime e luccicanti di gioielli, svolga un lavoro meno dignitoso.
Ma torniamo a Biancaneve.
La fanciulla aveva tutte le caratteristiche per diventare una “Cortellesi d’Antan”.
Era bellissima ed era pure una principessa, quindi poteva aspirare ad un trampolino di lancio in società non indifferente.
Però a causa di una cattiva matrigna, la nostra Biancaneve si ritrovò abbandonata in un bosco e ivi rimase viva per miracolo, cioè salvò la pelle solo grazie alla pietà di un uomo, il guardiacaccia di corte, che disobbedendo agli ordini della sua padrona (la matrigna di Biancaneve) non uccise la fanciulla.
E già qui, volendo fare l’esegesi della favola in chiave moderna, come ha fatto Lei, potremmo dire che il femminicidio fu commissionato da una donna, ma non ebbe luogo solo grazie al buon cuore di un maschio.
Ma lei si è guardata bene dall’evidenziare ciò perché questo particolare non è propedeutico (anzi sconfessa) la narrazione mainstream femminarda (uomo cattivo e violento / donna buona e indifesa) della quale Lei si è erta a profetessa.
Ma veniamo al nocciolo del “problema” da lei sollevato.
È vero che nella favola Biancaneve si rimbocca le maniche e si occupa delle faccende domestiche per i sette nani, ma lo fa volontariamente e lo fa perché i sette nani che ogni giorno si rompono la schiena per 14 ore in miniera, l’hanno amorevolmente ospitata nella loro modesta casetta.
Quello che emerge da questa favola è la storia di una donna che è sfuggita alla furia omicida di un’altra donna grazie ad un uomo e che è sopravvissuta grazie al buon cuore di altri uomini che la hanno ospitata disinteressatamente e lei, da donna dignitosa, ha provveduto ad operarsi per ricambiare l’ospitalità ricevuta.
Ma forse a Lei (cara Cortellesi) sarebbe piaciuta una Biancaneve che, una volta installatasi nella casetta dei sette nani, avesse chiesto la separazione in tribunale e preteso di avere la casa assegnata e un assegno da parte dei sette nani per il suo mantenimento!
Ma ciò succede nella realtà, non nella favole.
Purtroppo!

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