Un grave episodio verificatosi il 20 gennaio scorso nelle aree montuose intorno alla città di Arezzo riporta al centro dell’attenzione pubblica la crescente problematica della sovrappopolazione di lupi in territori antropizzati.
Francesco (nome di fantasia per tutelarne l’identità), un cacciatore esperto impegnato nella caccia di selezione agli ungulati, si è trovato di fronte a una situazione che avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi. Dopo aver abbattuto un capriolo nel pieno rispetto delle normative vigenti, l’uomo si è recato a recuperare l’animale, scoprendo che la carcassa era stata trascinata via dal
luogo dell’abbattimento nel giro di pochi minuti.
Dopo un’ora di ricerche, Francesco ha ritrovato il capriolo a qualche decina di metri di distanza, con due lupi intenti a cibarsene. La carcassa, ormai priva delle cosce e delle interiora, era stata gravemente danneggiata.
Al sopraggiungere del cacciatore, i lupi, sazi, si sono allontanati con calma. Francesco ha quindi recuperato quanto rimaneva del capriolo, applicando la prevista marcatura, ma l’animale era ormai compromesso.
Secondo la normativa vigente, gli animali selvatici sono considerati “patrimonio indisponibile dello Stato” e non possono essere detenuti, catturati o abbattuti, salvo che ciò avvenga da parte di soggetti espressamente autorizzati, che versano specifiche tasse e concessioni governative e operano nel rispetto delle leggi sulla caccia.
I cacciatori.
L’articolo 12 della Legge 157/1992 stabilisce, infatti, che la selvaggina prelevata legalmente diventa proprietà del cacciatore che l’ha abbattuta, sancendo un vero e proprio “passaggio di proprietà” del selvatico dallo Stato al cacciatore.
Tuttavia, un corto circuito giuridico, una letterale ingiustizia, si verifica quando un altro selvatico, come il lupo, anch’esso patrimonio dello Stato, danneggia l’animale già abbattuto e legittimamente di proprietà del cacciatore. In ambito civilistico, un danno del genere richiederebbe un’azione risarcitoria.
Questi episodi, uniti alla crescente confidenza dei lupi nei confronti dell’uomo, sollevano interrogativi rilevanti. In particolare, l’articolo 51 del Codice Penale recita: “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità esclude la punibilità.”
Se un cacciatore fosse costretto a utilizzare le armi per difendere ciò che è legittimamente suo, la propria incolumità fisica o quella del proprio cane da caccia dall’attacco di un lupo, è giusto punirlo?
Qual è il confine tra la tutela della proprietà personale, costituzionalmente garantita e la protezione di un canide randagio che ad oggi serve solo ad ingrassare i bilanci delle associazioni animaliste ed a sprecare denaro pubblico?
L’assenza di interventi adeguati per gestire la popolazione di lupi, ormai diffusi anche in aree densamente abitate, rappresenta un rischio non solo per la sicurezza dei cacciatori, ma anche per altri aspetti ben noti. È necessaria una riflessione seria da parte delle istituzioni e delle associazioni di categoria per individuare soluzioni concrete che tutelino le persone che vivono e operano in questi territori.
Nel processo di saturazione dei territori antropizzati il lupo ha perso completamente la paura nei confronti dell’uomo, ma adesso ha imparato anche che lo sparo di una fucilata non rappresenta un rischio, ma bensì un’opportunità, ignorando bellamente anche il cacciatore stesso, che stava perlustrando l’area alla ricerca della carcassa del capriolo.
Cosa sarebbe potuto succedere, se il cacciatore avesse ritrovato la carcassa, quando i lupi non avessero avuto il tempo di saziarsi?
I cacciatori ci hanno segnalato che da tempo hanno rinunciato alla campanella che veniva posta sul collare dei cani, perché i lupi hanno imparato che seguendo quel rumore si arriva al cane e lo si può uccidere e mangiare.
Il caso di Francesco non è isolato. Molti cacciatori, vittime delle campagne denigratorie da parte del mondo animalista, preferiscono tacere per timore di ritorsioni.
Tuttavia, i conflitti non si limitano a episodi come quello di Arezzo. Lo scorso dicembre, un cacciatore nell’area di Ponticino (AR) si è trovato circondato da cinque lupi mentre era a caccia con il proprio cane. Costretto a posizionarsi contro una quercia per proteggere l’animale tra le gambe, l’uomo ha affrontato la situazione con grande autocontrollo, evitando di reagire, nonostante il rischio concreto per la propria sicurezza, per quella del cane e il timore di perdere il porto d’armi.
La sicurezza dei cacciatori non può essere ignorata.
Il Comitato “Emergenza Lupo – Arezzo” lancia un appello alle associazioni venatorie, agli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), alle autorità competenti e a tutti coloro che difendono il diritto legittimo alla pratica della caccia.
Episodi come quelli accaduti ad Arezzo e Ponticino dimostrano l’urgenza di affrontare il problema della proliferazione dei lupi in aree antropizzate. È fondamentale avviare una revisione normativa che garantisca la tutela dei cacciatori quando si trovano a difendere sé stessi, i propri cani o il selvatico abbattuto.
Chiediamo interventi immediati per garantire la sicurezza e il rispetto di una categoria che, con serietà e professionalità, contribuisce al controllo della fauna selvatica e al mantenimento dell’equilibrio ambientale. I cacciatori, infatti, non solo collaborano con gli “esperti” negli studi sulla diffusione dei lupi e degli ungulati, partecipano ai censimenti faunistici e intervengono per ridurre i danni causati dalla fauna selvatica alle colture, ma sono anche in prima linea per arginare minacce come la Peste Suina Africana.
Oggi, il loro impegno sociale e ambientale è in pericolo, e meritano solidarietà e rispetto.
Ci appelliamo anche ai cacciatori, affinché ci segnalino gli incidenti causati dai lupi, che accadono durante la caccia.
Comitato “Emergenza lupo – Arezzo”
comitato@emergenzalupo.eu www.emergenzalupo.eu