di Stefano Pezzola
Ma il vaxxie è davvero un simbolo di speranza?
Le campagne vaccinali anti Covid-19 procedono speditamente con le terze dosi e continuano i selfie dei vaccinati, “vaxxie” appunto in inglese.
Una vaxxie-mania che forse non rappresenta soltanto un momento auto-celebrativo, ma qualcosa di piu’ serio e pericoloso.
Ma che cosa è in pratica il vaxxie?
E semplicemente la foto o il video di una persona immortalata prima, durante o dopo l’inoculazione del vaccino anti Covid-19 condiviso sui social media.
Siamo certamente abituati a documentare tutto quello che facciamo durante la giornata con stories su Instagram o Facebook o stati su Whatsapp.
Fotografiamo tutto, da quello che mangiamo a colazione all’outfit per la palestra e quindi non si fa fatica a comprendere che le persone vogliano postare anche il momento in cui ricevono il vaccino anti covid-19.
Il fenomeno dei selfie è iniziato ufficialmente nel 2004, quando un utente di Flickr, piattaforma per la condivisione di foto, ha usato il termine per la prima volta.
Un selfie è da considerare però differente da un semplice autoscatto, il quale non prevede la componente social della condivisione.
Chiunque tenga in mano uno smartphone prima o poi sente il bisogno di immortalare se stesso, con un sottile piacere misto di narcisismo e vanità.
Secondo uno studio del Cnr, l’Italia è al secondo posto nella classifica dei Paesi in cui si fanno più selfie per poi condividerli su Instagram.
Se si analizza il rapporto tra selfie scattati e numero di abitanti, ecco che l’Italia diventa primo, superando gli Stati Uniti, nazione che detiene il primato grazie anche a una popolazione di oltre 310 milioni di persone.
Per molti oggi lo sviluppo dei vaccini rappresenta la speranza per un nuovo futuro e per la nuova realtà a cui presto ci adatteremo.
In questo senso, culturalmente il vaxxie potrebbe rappresentare un nuovo simbolo di speranza, una vera svolta dopo un anno così incerto e angoscioso.
Il selfie da vaccinati potrebbe essere un modo per sentirsi di nuovo forti davanti a una malattia estremamente debilitante.
Potrebbe appunto.
Cent’anni fa l’influenza spagnola aveva devastato il mondo, separando le persone fra loro e confinandole nelle loro case.
Se è vero che il Covid-19 ha generato comportamenti simili – non ne sono assolutamente convinto – noi siamo fortunati perché abbiamo a disposizione la tecnologia che ci aiuta a restare connessi.
In realtà, postando foto mentre facciamo la nostra parte nella lotta contro il virus, taluni affermano il desiderio di mostrare la loro solidarietà e un senso di unità.
In un certo senso potrebbe essere un gesto catartico.
Un segnale di speranza che un giorno il mondo guarirà da questa pandemia.
A me sembra invece che il vaxxie sia soprattutto una call to action, un messaggio forte che taluni lanciano sull’importanza del vaccino, un messaggio inviato al mondo.
Io credo che la gran parte delle persone non postino il loro vaxxie per mostrare solidarietà o incoraggiare gli altri.
Qualcuno lo farà sicuramente, non lo metto in dubbio.
Lo farà per dimostrare al mondo che fa la cosa giusta, che segue quello che fa la massa, o addirittura per sfoggiare il look perfetto e il braccio o la spalla tatuata.
Ma fondamentalmente il messaggio è sempre lo stesso: vaccinatevi tutti!
Un esercito di influencer dei poveri, testimonial piu’ o meno consapevoli di una campagna vaccinale senza precedenti.
Il commento ai vaxxie pubblicati è sempre lo stesso: prenotate il vaccino – quando sarà il vostro turno – immortalatevi e documentate questo momento storico, perché potreste davvero aiutare a salvare delle vite.
In attesa di controllare quanti like riceverà la nostra dichiarazione d’amore incondizionato al vaccino anti Covid-19, quasi possa funzionare meglio se il nostro selfie verrà condiviso e commentato positivamente.
Certo è che come esseri umani, siamo programmati per rispondere alle immagini visive, che catturano la nostra attenzione e restano nella nostra memoria in modo molto più vivido del solo testo.
E le centinaia di fotografie degli operatori sanitari che sorridono alla fotocamera dopo aver fatto il vaccino per covid-19 continuano ad offrire una controparte emotiva alle statistiche e alle notizie che giungono dagli organi di informazione.
Uno strumento consolatorio, insomma.
Diciamolo, il selfie vaccino è diventato il nuovo must.
Nell’era della condivisione sui social network, a tratti spasmodica, il post dell’avvenuta somministrazione non può ormai mancare.
Del resto si parla solo e soltanto di vaccini.
“Ti sei già vaccinato?”.
E se la risposta è sì, subito la domanda è: “Quale hai fatto?”.
Non interessa se uno è stato bene, male, ha avuto febbre, non ha dormito, ha avuto dolore al braccio.
Si chiede soltanto il tipo di vaccino che ha ricevuto.
Va in scena ogni giorno, nei negozi, per strada, fuori dai bar, questo fantastico spettacolo dialettico.
Ed ecco su Facebook e Instagram foto di braccia con cerrottini.
Per far vedere che ci siamo vaccinati e per raccontare il tipo di vaccino.
E se per terza dose ci è toccato un cocktail oppure è stato confermato Comirnaty o lo SpikeVax con i quali ci siamo trovati tanto bene.
Ma in fondo tutto questo davvero interessa a qualcuno?
Nel caso fatemelo sapere che domani pubblico l’esito del mio PSA per la prostata.
Con buona pace della mia privacy.