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“Non la posso toccare”, e l’autista non aiuta Ilaria a salire in autobus: ma perché?

di Andrea Giustini

Non è stata bella la scena di martedì, in autobus. O meglio, non in autobus, ma alla fermata, ad un passo dall’entrarvi. Perché Ilaria Bidini, 35enne costretta in sedia rotelle per una malattia genetica, voleva salirci. Era in zona Meridiana e come faceva sempre aveva chiesto all’autista di scendere per posizionare l’apposita pedana, così da aiutarla. Tuttavia si è sentita rispondere che non si poteva fare. «Ah io non la posso toccare – avrebbe detto l’autista secondo Ilaria – se c’è qualcuno che l’aiuta bene, sennò io non la posso far salire». «Ma come – si è sfogata poi la 35enne su facebookancora oggi, nel 2022, siamo a questi livelli? Segnalerò la cosa a questo punto».

E così Ilaria ha fatto, anche perché sono già due volte che recentemente un autista le ha risposto che purtroppo non poteva darle una mano con quella pedana. Su La Nazione Autolinee Toscane, gestore di tutto il servizio di trasporto pubblico locale toscano di qui ai prossimi 11 anni, ha spiegato che «il disabile deve muoversi in autonomia, se non è in grado di salire e scendere da solo deve essere accompagnato».

Cosa che, questa mattina, ha spinto il vicesindaco Lucia Tanti ad esprimersi con una nota: «La risposta di Autolinee Toscane ad Ilaria Bidini è un po’ indecente. Arezzo è una Città che sta facendo della piena accessibilità e delle autonomie individuali due elementi di forte caratterizzazione. Il Comune e la Fondazione Arezzo Comunità sono a disposizione per fare la propria parte, ma Autolinee Toscane faccia la sua senza trincerarsi dietro risposte burocratiche lunari».

Ma qual è la logica della “burocrazia” di Autolinee Toscane? Perché in concreto gli autisti hanno declinato la giusta richiesta di Ilaria? «La questione è complessa – ha spiegato ad ArezzoWeb Informa Claudio Palazzi, rappresentante della Confederazione Cobas Lavoro Privato di Arezzo -, anzitutto però solidarietà ad Ilaria, a nome di tutti noi del Cobas e direi degli autisti. Noi del resto siamo qui per fare il nostro lavoro, non per creare disservizio».

«La prima cosa da dire è che, per regolamento, l’autista deve rimanere a bordo: non può scendere dall’autobus nemmeno per posizionare la pedana. Purtroppo si sono verificati incidenti e l’azienda ha anche ricevuto alcune denunce. Autolinee Toscane ha così deciso di evitarli alla radice, non assumendosi più la responsabilità. Questo è il motivo per cui gli autisti non hanno potuto aiutare Ilaria, non perché non volevano».

«Ci sono però anche dei problemi nel servizio – ha continuato Palazzi -, che se risolti faciliterebbero moltissimo la fruizione dei mezzi pubblici per tutti. Quello principale sono le pedane. Autolinee Toscane gode di un appalto regionale della durata di 11 anni: dovrebbe quindi eliminare del tutto le pedane manuali e acquistare autobus solo con pedane elettriche, come succede già in altre Regioni. Così l’autista dovrebbe solo premere un tasto, senza muoversi dal proprio posto».

«Un altro problema sono le fermate. E’ necessario costruire fermate adeguate là dove c’è bisogno, cioè con marciapiede rialzabile, in modo che il piano dell’autobus sia livellato con quello del marciapiede. Questo è un problema che l’amministrazione comunale deve risolvere: non può, come tra l’altro nel caso della Stazione di Arezzo che ha piani regolatori nuovi, continuare a costruire fermate solo a livello della strada. In questo modo si darebbe completa indipendenza alla persona disabile, senza più bisogno dell’accompagnatore».

«Infine un’ultima considerazione. Qui ad Arezzo ci sono zone il cui servizio di trasporto pubblico è stato notevolmente cambiato, come Pieve San Giovanni, dove ci sono navette e non più autobus. Questo complica ancora di più le cose per un disabile, che deve salire e scendere varie volte, quando prima c’era un solo autobus. Anche questo è un problema che può facilmente essere risolto: è inutile impiegare tre navette per un percorso dove ci vorrebbe uno o al massimo due autobus».

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