In un momento di tensione e contrasti di opinioni politiche sulla questione della inclusione dei nonni nei criteri di accesso ai servizi educativi, sento il dovere nella qualità di Garante dei diritti degli Anziani, di far sentire la mia voce non con tono e contenuti personali né politici ma essenzialmente di garanzia a favore della categoria per la quale sono deputata a difenderne e a tutelarne i diritti e la dignità. La proposta di considerare la condizione dei nonni nei nuovi criteri di accesso ai servizi educativi, rappresenta un passo avanti significativo nell’orientamento di politiche sociali inclusive. Queste, in quattro punti, le motivazioni e argomentazioni a sostegno di tale iniziativa, che si basano sul confronto con le famiglie “pro nonni” e sul buon senso che caratterizza criteri simili già in atto in diverse città della regione.
Carico di cura familiare
La prima ragione a sostegno di questa proposta è la consapevolezza del diverso carico di cura che una famiglia può sperimentare. La gestione di un bambino piccolo e di un nonno disabile o malato rappresenta una sfida unica, spesso molto più gravosa rispetto a quella di una famiglia che si occupa solo di un bambino. La presenza di nonni che possono offrire supporto è un fattore che non può essere trascurato, poiché allevia notevolmente il peso della cura familiare e permette alle famiglie di partecipare in modo più attivo alla società.
Applicazione di criteri di buon senso
La seconda ragione si basa sulla constatazione che criteri simili sono già in vigore in varie città della regione, da Prato ad Empoli, da Lucca a Pistoia. L’adozione diffusa di tali criteri da parte di diverse parti politiche sottolinea la loro validità e il loro allineamento con il buon senso. Questa coerenza dimostra che la considerazione della condizione dei nonni è un principio consolidato, riconosciuto trasversalmente come fondamentale per garantire un supporto adeguato alle famiglie.
Ruolo centrale dei nonni nelle famiglie
I nonni rappresentano una parte integrante delle famiglie e vanno considerati non solo per l’aiuto che possono offrire, ma anche per l’aiuto che possono necessitare e che è loro diritto ricevere. La proposta non intende confondere i servizi educativi con la rete affettiva, ma piuttosto riconosce l’esistenza di criteri per stabilire priorità. Le famiglie che si occupano di persone anziane o disabili hanno un livello di criticità maggiore e meritano, pertanto, una considerazione prioritaria nei criteri di accesso ai servizi educativi.
L’irrinunciabile legame con la rete affettiva
Va sottolineato che la proposta non intende minimamente confondere i servizi educativi con la rete affettiva delle famiglie. Al contrario, si riconosce l’importanza di mantenere la distinzione, ma allo stesso tempo si evidenzia la necessità di adottare criteri che riflettano le esigenze specifiche delle famiglie che si occupano di nonni anziani o disabili.
In conclusione, la proposta di considerare la condizione dei nonni nei nuovi criteri di accesso ai servizi educativi è non solo giustificata, ma anche supportata da principi di solidarietà, buon senso e coerenza con prassi già adottate in altre realtà. La considerazione delle possibili fragilità dei nonni è un segno di civiltà e rispetto nei confronti di una componente essenziale delle famiglie aretine, contribuendo così a costruire una società inclusiva e attenta alle varie sfaccettature delle dinamiche familiari. Una società giusta, deve essere giusta per tutte le età; quindi, in linea teorica l’anziano deve poter trovare una modalità di vita adeguata e serena. L’esercizio dei diritti e il dovere di farli rispettare rischiano di diventare una gestione burocratica dei bisogni se non vi è una larga partecipazione e condivisione. Invece, una società in grado di esprimere solidarietà ed accompagnamento verso gli anziani e verso le famiglie che si trovano a dover gestire e combattere con l’organizzazione di un anziano, può rendere i diritti e la loro fruizione una realtà viva, che a sua volta contribuisce all’ulteriore sviluppo della comunità.