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Ottantesimo anniversario della morte di Pio Borri

È in programma sabato 11 novembre la cerimonia dell’80° anniversario della morte di Pio Borri, primo partigiano caduto in provincia di Arezzo per mano dei nazifascisti l’11 novembre 1943.

La commemorazione è prevista alle ore 10.30 in località Molin di Bucchio con la deposizione di una corona d’alloro al monumento in memoria di Pio Borri alla presenza delle autorità civili e militari, dei rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma e con la partecipazione degli alunni della scuola secondaria di I grado “G. Sanarelli” di Pratovecchio Stia.

La giornata proseguirà nel pomeriggio (ore 16.30) al Palagio Fiorentino di Stia con un incontro promosso dall’amministrazione comunale per la costituzione di un comitato che avrà l’obiettivo di organizzare e coordinare tutte le iniziative in programma nel 2024 per ricordare gli eventi che nel 1944 segnarono la storia del comune alto casentinese, dall’Eccidio di Vallucciole alla liberazione di Pratovecchio Stia.

Pio Borri

Durò soltanto due mesi la lotta contro i nazifascisti di questo giovane grossetano che l’8 settembre del 1943 si trovava ad Arezzo, dove era stato mandato di leva per essere arruolato nella milizia fascista.  Con l’armistizio, Borri abbandonò il reparto e si rifugiò in Casentino entrando a far parte della formazione partigiana “Vallucciole”. Il 10 novembre 1943, mentre scortava un autocarro proveniente da Arezzo che doveva portare viveri e rifornimenti alle bande partigiane operanti nella zona, fu catturato dai tedeschi e, dopo una giornata di torture, ucciso.

Pio Borri è stato insignito con la Medaglia d’argento al valor militare (alla memoria) con la seguente motivazione:

Organizzatore della prima formazione partigiani dell’aretino sempre volontario nelle azioni più rischiose, caduto in una imboscata, rispondeva prontamente con il fuoco della sua arma al nemico che gli intimava la resa. Colpito gravissimamente al petto, catturato e sottoposto ad atroci torture teneva contegno superbo e spavaldo rifiutando ogni delazione. Gettato per disprezzo nella neve, quindi esalava l’ultimo respiro, con sulle labbra il nome della madre e quello della Patria. Bellissima figura di patriota e di martire della libertà”.

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