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Povera Italia, anche Piazza Affari perde pezzi

Il capitalismo italiano è in sofferenza, in un mercato globalizzato sempre più spietato e attraversato da preoccupanti tensioni internazionali che non giocano di certo a favore della stabilità socio economica e della fiducia dei cittadini e degli investitori. 

Tod’s e Saras vanno via da Piazza Affari che, oltre al momento delicato per la complessa congiuntura internazionale, continua a soffrire una situazione interna influenzata da un malessere cronico di un sistema paese contraddittorio ed appesantito da sperperi, tasse e da un eccesso burocratico insostenibile.  

I disagi si amplificano e la precarietà si diffonde, così come la sfiducia e la preoccupazione, che, come la nebbia avvolge in questo periodo la Val Padana, oscurano la “solarità” tipicamente italica, con le vie e le piazze delle nostre città tristemente teatro di uno stato di indigenza indegna per un paese civile, che rispecchia la decadenza socio economica in atto, con la crisi che morde e si riflette sull’intero sistema paese. 

Una crisi perdurante aggravata dalle tensioni internazionali che stanno mettendo in pericolo i già labili equilibri, arrivando a colpire, sia pure con toni e sfumature di ben altro tenore, anche il regno della finanza e degli affari. 

Mentre la decadenza si diffonde con conseguenze al limite della sopportabilità e della dignità umana per una fascia di popolazione sempre più ampia, intaccando anche l’economia e le dinamiche produttive ed aziendali del Paese, il “Potere” rappresentato da una classe dirigente e politica, trasversalmente inetta, egoista e priva di quello spirito di comunità che dovrebbe alimentarla ed onorarla, dimostra tutta la sua impopolarità, irresponsabilità e distanza dal mondo reale. 

La crisi colpisce anche Piazza Affari 

Piazza Affari perde pezzi, con la famiglia Della Valle, per fare un esempio di un’azienda dalla profonda tradizione made in Italy, che ha annunciato l’addio al listino milanese, sotto la morsa di un pesante rallentamento economico generale e della minor liquidità disponibile sul mercato azionario.  

Se la sofferenza e le condizioni di disagio si palesano con connotati sempre più disperati e diffusi lungo le strade e le piazze, anche di quei luoghi in cui fino a poco tempo fa non si conosceva una tale realtà, si percepisce preoccupantemente la crisi anche nel tessuto economico finanziario del Paese, che con una visione di breve termine fa fatica a gettare le basi per una ripartenza di lungo periodo, in contesto internazionale peraltro drammaticamente instabile e fragile. 

Le prossime competizioni politiche, che coinvolgono circa quattro miliardi di persone appartenenti a 76 Stati, interessando sia Paesi di tradizione democratica, che quelli meno virtuosi in tal senso, scaldano le attese anche al di fuori dei loro confini di competenza ed alimentano le speranze affinché il dialogo prevalga sui venti di guerre e si sciolgano le tensioni internazionali acuite anche da quelle emergenti nel Medio Oriente,  per ristabilire un clima di pace, cooperazione e per governare un’auspicata e sostenibile ripresa generale. 

Intanto, però, le stime della crescita per il vecchio continente, Italia compresa, sono ancora riviste al ribasso, con Il PIL del nostro Paese che stenta a decollare e rimane distante persino da quella soglia psicologica del 1%.   

In mondo globalizzato in cui le vicende nazionali possono produrre effetti politici, sociali ed economici su vasta scala ed attraversato anche da una profonda crisi valoriale, siamo sospesi tra un’elezione e l’altra con la speranza che i leader mondiali recuperino buon senso e credano con forza al dialogo per sostenere la democrazia e rispondere alla crescente domanda di pace e di maggiore umanità e sostenibilità.

Senza questi presupposti sarà difficile edificare un percorso virtuoso capace di ridare slancio ad una rinnovata ripresa economica con uno sviluppo sostenibile e solidale rispetto anche a quei popoli tribolati dai conflitti ed angosciati da scenari disumani di povertà e di profondo disagio civile.  

Preoccupano i conflitti, l’influenza globale di Paesi il cui regime autoritario non sembra essere sopito come la Cina e La Russia, che rischiano con la loro politica di destabilizzare gli equilibri internazionali e di compromettere lo sviluppo democratico su larga scala, con un forte impatto sulla geopolitica internazionale. 

Le prospettive sono a tinte fosche e preoccupano le criticità che frenano una ripresa sostenibile tra le incertezze di una situazione internazionale assai complessa e delicata, in cui le diplomazie fanno fatica a condividere soluzioni distensive e per il bene dell’umanità.

Di fronte a questi scenari internazionali dai connotati disumani, aggravati da una situazione socio economica assai delicata ed instabile che non sta risparmiando anche i Paesi più “civilizzati”, le prospettive per l’Italia e in generale per l’Europa non sono rassicuranti.

Restano nebulose, con la crisi che sta inesorabilmente amplificando i confini di una deriva sociale senza precedenti dal dopo guerra, dimostrando l’inettitudine di una classe politica accecata dal consenso piuttosto che mossa da quel nobile senso di responsabilità che il ruolo di rappresentanza imporrebbe. 

Continuiamo ad essere spettatori, in un contesto di estrema delicatezza dal punto di vista della tenuta del sistema socio economico, di un deplorevole spettacolo messo in atto da una classe politica avida, disorientata dalla cieca ricerca spasmodica del consenso, che mostra tutta la sua incapacità di affrontare i problemi del Paese e di individuare strategie appropriate per la loro soluzione.  

Onde evitare la caduta libera, di spegnere le speranze delle nuove generazioni per un futuro sostenibile, di disperdere quei valori e quelle tradizioni apprezzate nel mondo e che l’aridità conquisti terreno a scapito anche della democrazia nel nostro Paese, è necessario che la politica ritrovi la sua anima migliore, superando interessi di parte, per promuovere responsabilmente e con coraggio il servizio del bene comune. 

Non ci resta che sperare nella risalita, recuperando valore e valori attraverso anche un auspicabile ed urgente cambio di passo dell’attività politica, che deve rimettere responsabilmente al centro l’interesse comune con un rinnovato spirito etico e civico e con la consapevolezza della responsabilità istituzionale del ruolo. 

L’immagine dell’Italia, icona della creatività, dell’arte e della cultura, offuscata dal “poltronificio” made partitocrazia italica.

Siamo ancora lontani, visto che la politica nazionale, al limite della decenza e della moralità, in un contesto di profonda fragilità, in cui si avverte tutta la sua drammaticità, si distingue più per interpretare il ruolo di “poltronificio” che come deputata al governo dello Stato e della vita pubblica.  

Allora cari politici abbiate un po’ di dignità e coerenza e mossi da un sentito senso di responsabilità e dal dovere istituzionale che il ruolo richiede, mostratevi più attenti ed impegnati rispetto ai gravi problemi che attanagliano il Paese.

Alle prese con inflazione, costo del denaro, debito pubblico, sicurezza, sanità e i profondi disagi sociali, che saranno aggravati anche dalle pensioni sempre più magre, è impopolare vedere la classe politica distratta e appassionatamente impegnata e concentrata nella sfida accalorata tra i partiti per il “risiko” della spartizione di circa 500 poltrone in importanti Cda come Enel, Fs, Inail e Inps e RAI per citarne alcuni. 

Un aspetto importante della vita pubblica e non trascurabile dalla politica nazionale, ma che risalta un’attenzione e un’enfasi non riscontrabili nella gestione e nella soluzione dei problemi più prossimi ai cittadini e che denota come nella “distribuzione delle cariche” prevalga l’interesse partitico indipendentemente da quello pubblico.

Un tale atteggiamento richiama inevitabilmente, in una fase storica così complessa, ad abbracciare la morale del limite e la saggezza umana del valore del limite, senza la quale la deriva rischia di farsi sempre più prepotente e contagiosa.  

E’ auspicabile che la vera sfida si giochi nell’edificazione, scevra da quelle logiche egoistiche e impopolari di spartizione del potere,  di un futuro a misura uomo per rilanciare il più bel Paese del mondo, conosciuto ed apprezzato per i suoi valori e il suo valore, che altrimenti rischia di naufragare sotto la guida di una classe politica inadeguata e “sperperona”, ma soprattutto distante dal rappresentare gli interessi della collettività e disinnamorata della stessa comunità.   

 

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