Roy De Vita e le dichiarazioni “shock” durante un’audizione della Commissione COVID

Il chirurgo plastico Roy De Vita commenta sui social le affermazioni di Antonio Porto, sollevando dubbi e proponendo riflessioni critiche sul periodo pandemico

Il celebre chirurgo plastico Roy De Vita ha recentemente pubblicato sui social un video in cui affronta alcune delle dichiarazioni emerse durante un’audizione della Commissione COVID. Tra queste spiccano le affermazioni di Antonio Porto, segretario generale dell’Osa (Organizzazione Sindacale Autonoma della Polizia), che hanno suscitato scalpore e acceso un acceso dibattito pubblico.

Secondo quanto riportato da Porto, che ha fatto una dichiarazione da “terremoto” ed ha affermato che i camion militari schierati a Bergamo durante i momenti più drammatici della pandemia trasportavano una sola bara ciascuno. Le immagini che tutti ricordiamo, con lunghe file di veicoli militari, sarebbero state utilizzate, a quanto dice Porto, per impressionare e spaventare l’opinione pubblica. Roy De Vita, con prudenza, invita a prendere queste dichiarazioni “con le pinze”, aspettando conferme o smentite ufficiali. Tuttavia, coglie l’occasione per proporre una riflessione più ampia sulla gestione mediatica e politica del COVID-19.

De Vita sottolinea come, indipendentemente dalla veridicità delle affermazioni di Porto, durante la pandemia si sia spesso assistito a una spettacolarizzazione degli eventi. Questo atteggiamento, secondo il chirurgo, avrebbe talvolta amplificato o adattato la percezione della realtà per convenienza del momento. Un esempio evidente citato è l’arrivo del primo vaccino in Italia il 25 dicembre 2020. Le immagini del furgone blu a temperatura controllata che attraversava il Valico del Brennero scortato dai Carabinieri fino a Roma, racconta De Vita, furono presentate come un evento straordinario. Tuttavia, sottolinea, il trasporto avrebbe potuto avvenire tranquillamente in aereo, senza necessità di enfatizzare la difficoltà logistica, che in seguito si rivelò inesistente.

Quindi possiamo affermare senza esitazione, continua De Vita, che il trasporto del vaccino durante la pandemia è stato chiaramente orchestrato come una rappresentazione teatrale, pensata per impressionare l’opinione pubblica. Tuttavia, questo episodio non è stato l’unico evento anomalo legato alla gestione dei vaccini.

Un esempio emblematico, spesso dimenticato, risale al gennaio 2023, quando Pfizer comunicò ai medici una proroga della data di scadenza dei vaccini in giacenza. L’azienda presentò questa decisione come una prassi abituale, affermando: “È stato approvato nell’Unione Europea un aggiornamento del periodo di validità dei vaccini”. Tuttavia, l’utilizzo della formula “nell’Unione Europea”, anziché “dall’Unione Europea”, rappresenta una sottigliezza lessicale che, secondo De Vita, lasciava intendere chiaramente che la proroga non derivava da una decisione tecnico-scientifica dell’EMA (l’Agenzia Europea per i Medicinali), ma era invece una scelta autonoma di Pfizer.

Inoltre, specificando “in Europa”, la comunicazione sottolineava implicitamente che la proroga non era valida in altri mercati. Negli Stati Uniti, per esempio, i medesimi lotti risultavano scaduti. Questo significava che, mentre in Europa la scadenza era stata estesa da 9 a 12 mesi, gli stessi vaccini non erano più utilizzabili altrove. Una differenza non certo trascurabile, che ha suscitato numerose perplessità.

De Vita ha voluto evidenziare anche il contrasto con le normative sanitarie italiane. Ha sottolineato che, se i NAS dovessero trovare in uno studio medico un farmaco scaduto, anche solo di un giorno, come ad esempio un’aspirina, lo studio verrebbe immediatamente chiuso. Questo dimostra quanto sia fondamentale rispettare le date di scadenza e quanto sia insolito, in un contesto sanitario, estenderle senza un pronunciamento ufficiale degli organi scientifici preposti.

Roy De Vita ha sottolineato come si potrebbe continuare a lungo a elencare episodi emblematici della gestione pandemica, citando ad esempio la frase di Mario Draghi: “Non ti vaccini, ti ammali, muori, fai morire”, oppure l’obbligo di indossare mascherine, che – come scoperto successivamente – non era supportato da evidenze scientifiche chiare. Tuttavia, questi esempi servono principalmente a evidenziare un punto chiave: anche se è fondamentale verificare con attenzione la veridicità delle affermazioni di Antonio Porto, il contesto di bugie e dichiarazioni non corrette durante il periodo COVID rende le sue parole non solo credibili, ma persino meno incredibili e sorprendenti di quanto ci si potrebbe aspettare.

Secondo De Vita, questo riflette un errore fondamentale commesso dai sostenitori acritici del blocco dei cosiddetti “fideisti”, ovvero coloro che si sono aggrappati all’idea del “io credo alla scienza” senza accettare il confronto con dati scomodi o fatti controversi. A suo avviso, basta che emerga anche solo una bugia per rendere dubbi perfino gli elementi veri. E quando ci si ostina a negare fatti incontrovertibili solo perché risultano scomodi, si rischia di perdere completamente la propria credibilità, trasformandosi automaticamente in un “negazionista a pieno titolo”.

De Vita conclude con una riflessione sul ribaltamento delle posizioni: situazioni che inizialmente sembravano insostenibili possono finire per capovolgersi, portando a una perdita di fiducia collettiva nelle istituzioni e nelle fonti di informazione.

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