Sono andato in una piscina…

Bagnini, chi li salva?

CONFESSIONE
Ho scritto questo articolo nel 2012 e dopo 12 anni nulla è cambiato. In questi giorni sono andato in piscina, e pur essendo un ex triatleta, dato che temo l’imprevisto in acqua, ho chiesto all’addetto al salvataggio di seguirmi con l’occhio. Inoltre mi sono messo a nuotare davanti a lui, usando il lato corto della piscina. Ogni volta che l’ho guardato lui faceva ben altro come conversare con giovani bagnanti e colleghe, volgendo le spalle alla piscina, insomma faceva il portiere del palazzo più che il salvataggio.
Prima di mettermi in acqua gli ho fatto vedere un braccialetto che porto con 3 numeri di telefono ed il mio nome e codice fiscale per meglio identificarmi all”ospedale se incosciente. Mi ha sorriso come se io fossi uno stupido.
Il giorno dopo sono ritornato. Ho parlato con uno che sembrava avere più mestiere. Mi ha risposto che lui li contava e sapeva quante persone si stavano bagnando. Li contava? Ogni quanto?

Forse era un ex pastore.

Questo era l’articolo sempre attuale

La mia professione, non pagata, di Aretino Turista ad Arezzo, mi impone di assaggiare ogni fetta del possibile turismo in questa città. La fetta è spesso amara, talvolta avariata e letale, nel vero senso della parola.

Mancando il mare in Arezzo ricorro ad illusioni ottiche, e talvolta vado in piscina. Ci vado con una rivista di viaggi esotici con foto super, e la leggo ponendola o sopra, o sotto il livello dell’acqua della piscina. Il bombardamento del sole provvede a pormi in un’estasi soporifera che mi fa assemblare le due cose insieme, e creare l’illusione con la spesa di pochi euro: la superficie dell’acqua della piscina si fonde con le palme, ed i resort delle immagini della rivista. Questi sono i trucchi della crisi per avere piaceri low cost!

Scherzi a parte. Le scene che vedo in piscina mi rimandano al ricordo di pochi anni fa  quando un bambino è riuscito ad annegare in una piscina pubblica nei dintorni di Arezzo. Ovviamente è stato discusso a lungo se gli era saltato il tappino della ciambella d’aria, se il bagnino era in sindacale pausa WC, se la sorvegliante si stava spalmando l’olio solare, se l’acqua era troppo bagnata etc. Ma il bambino è morto in pochi metri, non nell’oceano. Dato che in Italia costruiamo la sicurezza a colpi di morti, questo fatto doveva far partire una plateale, almeno visibile campagna per la sicurezza. Io non ho visto niente. Quindi questo bambino non è servito a nulla, solo alle parcelle degli avvocati che, non in bermuda, ma in giacca e cravatta, nuotano galleggiando alla grande sui casi di quest’Italia cialtrona.

Nelle piscine in cui sono andato ho provato a simulare, solo con l’immaginazione, il fattaccio: che uno dei bagnanti andasse a fondo. Dato che non facevo niente ho preso anche l’orologio per stimare il momento in cui l’addetto alla sicurezza dei bagnanti sfiorasse con gli occhi la zona dove si trovava la mia vittima virtuale. In molti casi sono passati minuti. Non è detto che chi va a fondo faccia chiasso.

Quando si affoga non è come nei fumetti dove il disegnatore mette un fumetto sopra la testa dell’annegante con le parole Help o Aiuto, si affoga, anche e soprattutto, in silenzio

Partiamo dai fondamentali: il nome di questo servizio. Siamo passati dal romantico Bagnino – che non richiama niente se non uno …che si bagna, e che al massimo fa il bullo bello con le bagnanti – a Bagnino di Salvataggio che ha come sottocategoria Assistente ai Bagnanti. L’ultima denominazione poi mi fa venire in mente uno che passa gli accappatoi a chi esce dall’acqua, o che dirige le persone ai gabinetti, od al bar. Denominazioni annacquate che non richiamano la drammaticità del loro compito: Salvare la Vita. Ora spesso indossano magliette con la scritta Salvataggio, va già meglio, ma non sono abbastanza drammatiche.

All’estero si chiamano Life Saver, Life Guard Salva Vita, Guardia alla Vita in una traduzione rozza, ma efficace.
In Italia tutto ciò che riguarda l’Uomo si sta annacquando nelle definizioni, tutto diventa dolce, non deve essere drammatico. Posso essere d’accordo agli spazzini diventati operatori ecologici, ai disabili diventati diversamente abili, ma qui occorreva giocare inversamente con una denominazione che allertava alla Vita. Mi fermo qui, non vorrei una citazione, od un richiamo dall’Accademia della Crusca.
Ma passiamo alla banalità vitale che manca spessissimo a chi fa questo servizio. Ho scorso sommariamente le materie di studio di chi vuol fare questa professione, grandi concetti coniugati a prove pratiche alla Tarzan. Magari gli addetti sono molto ok quando scatta l’allarme, ma il vero problema  è PRIMA, cioè percepire il momento di entrare in azione.
Se si vanno a consultare manuali USA dei Bay Watcher si scopre che non usano la parola Guardare o Vedere o Controllare l’acqua ma usano la parola SCAN per identificare l’accuratezza millimetrica, come quella che ha il nostro scanner di casa nel riprodurre documenti. SCAN tra verbo e sostantivo vuol dire analizzare, esaminare, scandire, scorrere, leggere, scrutare, esplorazione, ecografia, e solo all’ultimo vi è anche un italico dare un’occhiata.
Lo Scanning prevede una tecnica spiegata in molte decine di pagine per acuire il risultato e la velocità nel percorso occhio-mente. Non ultimo insegna tecniche per evitare l’effetto noia.
Scanning significa che innanzitutto gli occhi devono essere sempre sull’acqua ed andare da destra a sinistra in modo continuo come un arbitro di una partita di tennis. SEMPRE. Come un giudice di linea del tennis sta per ore a guardare solo una striscia bianca per sapere dove batte la pallina.
E’ stato condotto un test in Canada in una piscina, quindi in una superficie abbastanza ridotta, di metratura quasi banale. Ebbene lo studio ha dimostrato che in media, ci sono voluti 1 minuto e 14 secondi ai bagnini per individuare il manichino che andava a fondo. Nel 9% per cento dei test entro i 10 secondi, e in 30 secondi o meno nel 43%. Nel 41% ci sono voluti più di 1 minuto, e più di 3 minuti nel 14% dei test. Questi risultati drammatici mostrano che l’annegamento, od il quasi annegamento, sarebbe avvenuto nella maggior parte dei casi del test. Quindi i sorveglianti chiaramente guardano, ma non sempre vedono.
Prego non parlare al Lifeguard

Per il salvataggio in piscina vale la regola 10/20.

Dieci secondi per intercettare uno che affoga, Venti per tirarlo fuori
Vi è da dire che uno scanning perfetto ha una durata ottimale di 30 minuti. Quindi un’organizzazione intelligente dovrebbe far rotare il personale.
Ho ricordi impressi nella mia mente.
Ricordo a Venice – quella in California – proprio nella location del serial televisivo BayWatch, dove i Life Guard sulla torretta guardavano il mare come un cane che punta un osso a 50 cm. Sequenze continue di occhio nudo, binocolo, occhio nudo. Non uno di loro cazzeggiava, ed i bagnanti erano il 10% di quelli di Riccione.
Ricordo a Chicago al tramonto sul lago un Life Guard che seguiva camminando a riva l’unico nuotatore presente nel lago. Era dotato di radio, e tutta l’attrezzatura. Faceva chilometri dietro un solo nuotatore.
Se vuoi il massimo guarda questo filmato (clicca qui).  Anni fa  in Park Avenue a New York – bello ed elegante boulevard nel centro città – sono state installate piscine mignon pari alla grandezza di 4 vasche da bagno. Ognuna di esse aveva un Life Guard in piedi, non a sedere, con attrezzatura idonea, che puntava la mini vasca! Non toglieva lo sguardo a tra 3 metri di acqua! Guarda a sinistra all’inizio del video.
Per noi è FantaScienza, nel senso che i nostri sorveglianti hanno la Scienza della Fanta, a cui vanno a fondo con l’uso della cannuccia. Non sempre, ma quasi.
Buona fine Estate a tutti,
fatevi sentire da chi deve controllare.
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Piero ROSSI
Aretino Turista ad Arezzo,
itAlien Immigrato in Italia
info@pierorossi.it
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Questo video fa vedere 3 errori nel controllo e la tecnica giusta che prevede un movimento di testa, mai visto fare in Italia, che fa somigliare il Lifeguard ad un robot…ridicolo, ma non lo è. La tecnica si chiama Ellis Scanning

Il giornalismo è scrivere ciò che qualcun altro non vuole che sia scritto.
Tutto il resto sono pubbliche relazioni.
George Orwell

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