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The Passenger di Cormac McCarthy

LIBRI PER TUTTE LE ORECCHIE
Paesaggi Letterali Settimanali
a cura di Roberto Fiorini

Il termine “parola Giano” è stato coniato nel 1880 dal teologo inglese Thomas Kelly Cheyne per descrivere una parola che può esprimere due significati, più o meno opposti.
Cheyne gli ha dato il nome del Dio romano bifronte che guarda avanti e indietro allo stesso tempo.
Probabilmente la parola più famosa di Giano è “fenditura”, che significa sia tagliare in due che legare.
Hai spaccato la terra con i fiumi –  dice il re Giacomo, ma poi, in un altro passo – le zolle si uniscono velocemente“.
L’esperienza di leggere il nuovo romanzo di Cormac McCarthy dal titolo The Passenger ha continuato a farmi pensare per giorni alla parola “portentoso”.
Non trovando questa parola identificata da nessuna parte come “Giano”, decido di proporla ufficialmente per la candidatura.
“Portentoso” può significare un presagio, suscitare stupore ed essere una questione grave o seria.
Ma può significare anche consapevolmente solenne.
Successo e fallimento.
Applicato alla prosa, ritengo possa fotografare bene quello scrittore che ha raggiunto un’aurea autenticamente profetica con la scrittura che persegue ad ogni libro quelle stesse qualità che lo hanno reso famoso.
Cormac McCarthy è sempre stato disposto a stare in equilibrio sulla parola portentoso.
Il primo paragrafo di the Passenger dipinge una scena, un campo innevato in cui una giovane donna si è impiccata.
Aveva nevicato leggermente nella notte e i suoi capelli congelati erano dorati e cristallini e i suoi occhi erano freddi e duri come pietre“.
Prima ancora che il lettore si sia seduto comodo per affrontare le 400 pagine del romanzo, McCarthy propone piu’ volte una parola che divide e unisce.
Percepisci Hemingway e il curioso rumore di quelle frasi spogliate.
Qualcosa che cerca attenzione nella sintassi.
Sedici anni dopo la pubblicazione de La strada, il romanzo post apocalittico con cui ha vinto il Premio Pulitzer nel 2007, adattato per il cinema da John Hillcoat con Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee, Cormac McCarthy torna in libreria con due romanzi: The Passenger appunto e Stella Maris che usciranno per Einaudi nel 2023.
Ho avuto il privilegio di riceverne una copia in lingua inglese in attesa della pubblicazione in italiano (grazie davvero Thomas).
Nel cuore della notte la neve si era posata leggera e i capelli di lei, irrigiditi dal gelo, sembravano aurei e vetrificati, mentre i suoi occhi erano gelidi e duri come pietre. Uno degli stivali gialli le si era sfilato e giaceva nella neve sottostante. La sagoma impolverata del suo cappotto era abbandonata sul suolo imbiancato nel punto in cui l’aveva lasciato cadere e indossava nient’altro che un abito bianco, sospesa fra i tronchi brulli ed esangui degli alberi in inverno, con la testa reclinata e le mani leggermente rivolte verso l’esterno come quelle di certe ecumeniche statue la cui posa reclama attenzione in ordine alla propria storia. Attenzione in ordine alle profonde radici del mondo, il cui essere dimora nella sofferenza delle sue creature. Il cacciatore si inginocchiò e posizionò il fucile in verticale accanto a sé, nella neve, si sfilò i guanti e li lasciò cadere e giunse le mani una sull’altra. Pensò che avrebbe dovuto pregare ma non aveva preghiere a cui affidarsi per una circostanza del genere”.
È la profondità dell’oscurità che spaventa Bobby Western, l’uomo al centro di questo nuovo straordinario romanzo di McCarthy.
Western lavora come sommozzatore di salvataggio nel Golfo del Messico, impegnato con chiatte affondate e piattaforme petrolifere distrutte.
Gli eventi sono messi in moto dall’equipaggio di sommozzatori che indagano su un aereo sommerso senza danni visibili: all’interno però sembra esserci un passeggero morto in meno rispetto al registro di volo.
Da questo giorno in poi, Bobby Western, rimane intrappolato in una cospirazione il cui autore ed il fine sfuggono alla sua comprensione.
The Passenger è come una nave sommersa.
Un romanzo coinvolgente ed indulgente, un naufragio perfetto.
Ha porte chiuse e curve cieche.
Contiene scheletri ed oro sepolto.
Circa 40 piedi sotto la superficie del mare, Western esplora l’aereo affondato,
All’interno della fusoliera si fa strada tra i detriti fluttuanti e le vittime dagli occhi vitrei, ancora allacciate ai loro sedili.
L’aereo trasportava otto passeggeri, ma uno potrebbe essere disperso nello schianto.
McCarthy ha iniziato a lavorare su The Passenger a metà degli anni ’80, prima della sua trilogia Border; afferma di averlo costruito pezzo per pezzo, rivisitandolo nel corso degli ultimi anni.
Un libro senza guardrail, un invito a perdersi.
Ci imbattiamo costantemente in oggetti oscuri e ci chiediamo cosa significhino.
La scrittura di McCarthy, che adesso ha 89 anni, è potente,  inebriante, con dialoghi reali descrizioni sobrie e vivaci.
Western apprende che è figlio della bomba.
Suo padre era un noto fisico nucleare che aiutò a dividere l’atomo, portando alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki.
Western, in gioventù, ha studiato fisica da autodidatta familiarizzando con protoni e teorie varie, rinunciando però alla sua vocazione.
Percepisce che la meccanica quantistica può portarci soltanto fino a un certo punto.
Non so se in realtà spiega qualcosa – afferma – non puoi illustrare l’ignoto”.
The Passenger si propone come un thriller di inseguimento esistenziale, Western potrebbe far perdere le tracce ai suoi inseguitori, ma non può sfuggire alla sua storia.
Così si dirige nel deserto, da solo, per guardare le raffinerie di petrolio bruciare in lontananza e osservare le vipere color tappeto arrotolate nell’erba ai suoi piedi.
L’abisso del passato in cui il mondo sta cadendo – pensa – tutto svanisce come se non fosse mai stato”.
Un romanzo malinconico ma glorioso.
Il vecchio mondo sta morendo e The Passeggero entra portentosamente per spegnere tutte le luci.
Se Western avesse uno slogan potrebbe benissimo essere di Kakfa.
C’è una quantità infinita di speranza nell’universo solo non per noi”.
Lo stile – un mix perfetto di profonda contemplazione e dialoghi rapidi, sempre senza virgolette e spesso senza attribuzione – è puro McCarthy.
E lo è anche la tendenza alla grandiosità.
Il giornalista e amico Giulio Meotti decide di presentare il nuovo romanzo di Cormac Mc Carthy citando un passo di un suo famosissimo precedente libro.
Siamo un po’ a pezzi. Ciò che ci minaccia non è la società giusta, ma quella in decomposizione. Nella migliore delle ipotesi sei solo un utente. Un utente? Che cazzo è? I veri guai non iniziano in una società finché la noia non è diventata la sua caratteristica generale. La noia guiderà anche le persone tranquille su strade che non avrebbero mai immaginato. C’è chi pensa che la verità non è abbastanza forte. Ma si sbaglia. Secondo me, dopo che tutte le bugie sono state dette e dimenticate, la verità sta ancora lì. Non va da nessuna parte e non cambia da un momento all’altro. Non si può corrompere, così come non si può salare il sale. L’ho sentita paragonare a una roccia – forse nella Bibbia – e sarei anche d’accordo. Ma la verità resterà anche quando la roccia non ci sarà più. Sono sicuro che qualcuno non sarebbe d’accordo con questa idea. Parecchia gente, anzi. Ma questa gente non sono mai riuscito a capire in che cosa creda”.
Condivido il suo prezioso punto di vista: i due libri di Corman Mc Carthy sono animati dallo stesso spirito.
In questo nuovo romanzo McCarthy scrive con voce stretta e precisa pagine di genuina profondità.
Attendiamo l’uscita nel nostro Paese per Einaudi editore con la traduzione di Maurizia Balmelli.

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