AREZZO – E’ andato a Fabiana Giulietti con il suo elaborato “Il Seccante” dedicato al “museo nero” che ospita la collezione Burri a Città di Castello, il primo premio della quinta edizione del concorso “Architettura di parole”, organizzato dall’ordine degli architetti di Arezzo.
La cerimonia si è svolta al teatro Pietro Aretino. E’ stata la giuria composta da Natalia Cangi (direttore organizzativo dell’Archivio diari di Pieve, Nicola di Battista (architetto-giornalista per anni direttore di Domus e di altre riviste specializzate del settore), Pino Pasquali (docente universitario e architetto di fama nazionale), Ivo Brocchi (giornalista) e Antonella Giorgeschi (presidente dell’ordine degli architetti di Arezzo), a decretare la terna di vincitori di questa edizione del concorso.
Tre opere emerse da una doppia selezione. Settanta gli elaborati inviati da ogni angolo d’Italia, valutati da una commissione di lettori esperti nella materia. Per arrivare ai 10 selezionati per la vittoria finale, giudicati dalla giuria per arrivare al podio che ha visto classificarsi al terzo posto “Filastrocca di pietra”, scritta da Giulia Antolini, studentessa di Architettura alla Sapienza di Roma, seconda classificata “L’eredità” di Monica Tusconi, architetto di Lecce, e prima “Seccante” di Fabiana Giulietti (docente di città di Castello.
Forte l’emozione in teatro per la interpretazione data alle tre opere, lette e recitate da Andrea Biagiotti (registra e attore di teatro).
Gli elaborati saliti sul podio, assieme alle altre sette delle dieci prescelte dalla commissione saranno ospitate presso l’archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano, riconoscendo in questo concorso la capacità di “fissare” con la scrittura momenti e interpretazioni delle realtà del nostro Paese con particolare valore architettonico. Salgono così a 50 le opere custodite all’archivio diaristico, 10 per ogni edizione del concorso. 320 gli elaborati realizzati e portati in concorso dal 2019 ad oggi.
Le motivazioni della giuria
In “Seccante” di Fabiana Giulietti, la fabbrica è rappresentata come un vecchio corpo umano in cui l’autrice si addentra tra odori e colori, come fosse un palazzo storico che ospita una “cattedrale del contemporaneo” che “domina il tempo con furia ed eleganza”. Il primo premio è andato all’opera che con una particolare soggettiva interpretazione narra un luogo che custodisce un’opera umana di lunga data (quella di Alberto Burri) con le sue storie di emancipazione femminile e di presidio al salvataggio della cultura.
Ne “L’eredità” di Monica Tusconi (seconda classificata) “i ricordi aggiungono e tolgono, quasi sempre hanno un prezzo”. Questo elaborato narra di un ricovero di mezzi agricoli che diventa una casa, un’architettura rurale che esprime la perizia dell’incastro di pietre, disseminando poesia materica per la campagna pugliese. È stata a casa, è stato tempo, è stata attesa, è stata vita è stata morte. L’architetto si trova a dover valutare il valore di una casa andata in eredità a cinque persone. Non è una casa. È una di quelle costruzioni di 20 metri quadri incastrata sulla roccia lungo una spiaggia di sassi bianchi.
Chiude il terzetto “Filastrocca di pietra” presentato da Giulia Antolini. Una filastrocca per bambini della selezione popolare accompagna l’autrice nel suo peregrinare alla ricerca della felicità in una Roma piena di magnificenze. Originale la costruzione del tema scelto, con palazzi storici, piazze e fontane che partono dal ricordo evocato dalla stessa filastrocca. “Un movimento circolare lento accarezza il palmo della mia piccola mano. Una piazza, cintata dalle mie dita, e un semplice tocco, come un punto nel vuoto, segna una fontanella”.