di Stefano Pezzola
Ritengo opportuno segnalare la sentenza n. 275/2022 RG emessa dal Tribunale di Padova, sez. lavoro, in data 12 aprile 2022.
Siamo nell’ambito dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale anti SARS-CoV-2 stabilito dall’art. 4-ter del decreto legge n. 44/2021 di un dipendente sanitario, in particolare dell’Azienda Sanitaria Ulss n. 6 Euganea.
Al seguente link il documento integrale in formato pdf (Tribunale di Padova 275_2022).
Scrive il giudice Roberto Beghini che “ritenuto che sussista il dubbio che dette norme non siano conformi all’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, nè all’art. 32 Cost.. Va all’uopo ricordato che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il diritto alla salute sub specie diritto all’autodeterminazione terapeutica, può trovare limitazione solo nei casi in cui sia necessario tutelare l’interesse della collettività, poiché, in caso contrario, ogni persona è libera di decidere se sottoporsi o meno a trattamenti sanitari, anche a costo di conseguenze letali. Ebbene, nel caso di specie, è chiaro che la vaccinazione è imposta al lavoratore non a tutela della salute propria, ma di quella altrui (in particolare, quelle delle persone “fragili” della struttura, in gergo “ospiti”), come del resto precisa anche il cit. comma 1 dell’art. 4, richiamato dal primo comma dell’art. 4 bis (“al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza…”). E’ evidentemente del tutto legittima la preoccupazione del legislatore di tutelare la salute di dette persone, adottando le cautele necessarie al fine di evitarne il contagio da parte di coloro che lavorano nelle strutture”.
Ma puntualizza che “nondimeno, a ben osservare, l’obbligo vaccinale imposto ai lavoratori in questione non appare idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge, quello di preservare la salute degli ospiti: e qui risiede l’irragionevolezza della norma ai sensi dell’art. 3 Cost.. Può infatti considerarsi notorio il fatto che la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale, può comunque contrarre il virus e può quindi contagiare gli altri. Può dunque notoriamente accadere, ed effettivamente accade, come conferma l’esperienza quotidiana, che una persona vaccinata contragga il virus e contagi le altre persone (vaccinate o meno che siano). Come emerge dai dati forniti dal Ministero della Salute, nonostante l’avvio della campagna vaccinale, il numero di contagi più elevato in assoluto dall’inizio della pandemia, pari a + 220.532, è stato registrato l’11.01.2022”.
Dopo aver analizzato con chiarezza e precisione i dati e i numeri forniti dall’Istituto Superiore della Sanità il giudice Beghini evidenzia che “di qui, come detto, il dubbio sulla ragionevolezza dell’imposizione dell’obbligo vaccinale in questione: imposizione non idonea al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza. Sempre come dimostra la comune esperienza, il metodo attualmente più sicuro per impedire che un lavoratore contagi le altre persone presenti sul luogo di lavoro, è invece quello di avere la ragionevole certezza che egli non sia infetto: ragionevole certezza che, come visto, non può essere data dalla vaccinazione, bensì dalla sottoposizione periodica del lavoratore al tampone”
A parere del giudice “resta il fatto che la persona vaccinata, che non si sia sottoposta al tampone, può essere ugualmente infetta e può quindi ugualmente infettare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata non sia infetta, è pari a zero. Invece la persona che, pur non vaccinata, si sia sottoposta al tampone, può ragionevolmente considerarsi non infetta per un limitato periodo di tempo. In tal caso, la garanzia che ella non abbia contratto il virus, non è assoluta, ma è certamente superiore a zero”.
Orbene la disciplina dell’obbligo vaccinale dei sanitari e del personale docente ed educativo della scuola, è posta al fine di tutelare la salute pubblica, sembra chiaro che il pericolo di diffusione del virus, sia uguale in capo a qualsiasi lavoratore non vaccinato del settore sanitario, indipendentemente dal fatto che la omessa vaccinazione sia dovuta ad una scelta volontaria oppure ad un accertato pericolo per la sua salute.
Il giudice accoglie in toto le tesi del ricorrente ed “accoglie il ricorso ed ordina alla resistente di far riprendere immediatamente il lavoro alla ricorrente, a condizione che a condizione che ella si sottoponga a proprie spese, per la rilevazione di SARS-COV-2, al test molecolare, oppure al test antigenico da eseguire in laboratorio, oppure infine al test antigenico rapido di ultima generazione, ogni 72 ore nel primo caso ed ogni 48 negli altri due”.