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Turetta a processo: “Volevo rapirla, ucciderla e poi suicidarmi”

“Voglio raccontare tutto quello che è successo, nel corso del primo interrogatorio ho mentito. Quella sera scrivendo quella lista ho ipotizzato questo piano, questa cosa, di stare un po’ insieme e di farle del male”. Comincia così in aula l’interrogatorio di Filippo Turetta, davanti al pm di Venezia Andrea Petroni, sull’omicidio di Giulia Cecchettin. I magistrati gli chiedono della lista di appunto che risale al 7 novembre, gli appunti per il progetto che poi avrebbe portato a termine l’11 novembre.

“Ero arrabbiato – spiega a voce bassa Turetta – avevo tanti pensieri, provavo un risentimento che avessimo ancora litigato, che fosse un bruttissimo periodo, che io volessi tornare insieme e così…non lo so…in un certo senso mi faceva piacere scrivere questa lista per sfogarmi, ipotizzare questa lista che mi tranquillizzava, pensare che le cose potessero cambiare. Era come se ancora non la dovessi definire, ma l’avevo buttata giù”.

“Ho iniziato a farlo il 7 novembre perchè ho cominciato a pensare, avevo tanti pensieri sbagliati. Prima ho scritto di getto, poi ho riletto e messo in ordine quelle parti che di getto non avrei potuto scrivere”.

IL PENSIERO DI RAPIRLA E DI UCCIDERE, LEI E SE STESSO

“Quando ho scritto quella lista avevo ipotizzato il piano di rapirla, stare con lei qualche tempo, farle del male, toglierle la vita e suicidarmi. Cercai sul web scotch e manette adatti a immobilizzarla”.

LA SPERANZA DI TORNARE CON LEI

Turetta in aula ha spiegato che nutriva ancora una speranza di ricucire il rapporto. “Ma a quali elementi era agganciata questa speranza? Io non ne vedo”, ha detto il magistrato. “Comunque ci vedevamo e ci scrivevamo. A mia percezione, quando eravamo in presenza fisicamente a volte percepivo certe cose, altre meno”.

GLI ATTIMI DELL’OMICIDIO

Durante l’interrogatorio, è stato affrontato anche il momento delle coltellate. In aula, sono state proiettate le immagini del sopralluogo dei carabinieri nel parcheggio in cui si vede del sangue. Turetta è apparso confuso. “Forse l’ho colpita” con il coltello, ha detto, “non ricordo, non lo soPer farla stare ferma l’ho colpita, ricordo come un flashback un colpo sulla coscia”.

Di quei frangenti, Turetta ha parlato anche nella memoria di 90 pagine che ha scritto in carcere. Il pm Petroni, l’accusa, oggi ne ha ricordato alcuni passaggi: “Quando è uscita dalla macchina io ero arrabbiatissimo, non volevo che finisse cosi, ho preso uno dei coltelli e sono uscito fuori di corsa per fermarla. Non ricordo esattamente. Poi l’ho presa per il braccio e lei è caduta, penso che abbia sbattuto la testa contro il pavimento“. E ancora: “Mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì, ma qualche istante dopo solo il manico in mano e quindi per essersi rotto così suppongo di sì”.

Fonte
Agenzia DIRE
www.dire.it

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