Deriva dei valori: aumento di violenza, disagio e suicidi

Crollano i valori morali grazie al tam-tam della propaganda della politica e del mainstream che ribalta le tradizioni millenarie. I risultati sono preoccupanti

Le situazioni che stanno delineando il futuro del nostro pianeta e anche del nostro paese, e a cascata anche della nostra città, sono sempre più preoccupanti. Ci troviamo oggi in un mondo e una politica che rende ciò che è sempre stato negativo e male, qualcosa di utile e positivo per conquistare pace e serenità.

Ci viene detto ad esempio, che, per ottenere la pace è necessario inviare armi e munizioni, oppure fare direttamente una guerra.  Ci viene detto che per salvare vite umane è bene mettere a rischio la propria. Ci viene detto che se non fai una certa cosa, fidandoti ciecamente, ti ammali e muori. Ci viene detto che l’invasore ha sempre torto anche se viene continuamente minacciato e pungolato da colui che poi si ritiene invaso. Si ritiene sempre giusto rispondere a una offesa, anche se sproporzionata e non importa se poi ci rimettono la vita tante persone. Ci viene detto ancora, che, per distruggere un’organizzazione terrorista possiamo far fuori anche migliaia di donne e bambini pur di raggiungere l’obiettivo. E tutto questo senza poter contraddire, perché ciò detto è sacrosanto e giusto. Tutte queste cose se dette qualche tempo fa sarebbero state inconcepibili e respinte dalla società. Il male è male, in ogni modo o manifestazione, e non ha bisogno di nessuna giustificazione. Non esistono morti giuste e morti sbagliate , chi uccide ha sempre torto.

Ma oggi si è ribaltato tutto, tutti questi concetti sono sbagliati, alla violenza si risponde con la violenza, alla morte si risponde con la morte, tutto questo ci riporta all’antica regola dell’ “occhio per occhio dente per dente”, che, anche se espresso nell’Antico Testamento della Bibbia,  ha necessitato la venuta di un certo Gesù Cristo per ribaltare il concetto di giustizia e amore, considerando che queste, si ottengono attraverso atti di umiltà e sottomissione come il porgere l’altra guancia o pregare per i propri nemici e persecutori. Questa società oggi ha dimenticato tutto e addirittura, ultimamente, non sopporta i principi morali che per due millenni hanno costituito l’impalcatura della tradizione cristiana, sulla quale si è costruita La civiltà Occidentale.

Adesso tutti devono uniformarsi allo stesso pensiero che viene ripetuto come un mantra continuamente. Guai a chi pensa, a chi filosofeggia, a chi si oppone. Se lo fa gli si mette una etichetta per renderlo prima ridicolo e poi per isolarlo. In questi anni abbiamo sentito di tutto: da terrapiattista a complottista, da novax a filorusso, da antisemita a razzista, da omofobo a sessista, da patriarcalista e negazionista del clima, e chi più ne ha più ne metta.

Oggi assistiamo quasi inermi al dilagare del “politicamente corretto”, corredato da asterischi ed “E” rovesciate, per compiacere a quei movimenti laicisti, anti-sessisti e anti-omofobi, arrivando anche all’assurdo e al ridicolo, chiedendo la censura di opere artistiche, canzoncine per bambini di Natale, opere cinematografiche, fumetti, detti e tradizioni, nel nome del “politically correct” a volte anche in contraddizione con gli stessi loro principi ideologici.

Tutto quello che oggi vediamo, tra proposte di legge, divieti, dichiarazioni pubbliche da parte dell’ultima influencer o di qualche personaggio “progressista” dello spettacolo, qualche anno fa, poteva essere tradotto come “demenzialmente scorretto”. Con ciò non si intende condannare nessuna forma di orientamento sessuale, religioso, o ideologico, ma piuttosto, condannare l’esasperante ossessione da parte di qualcuno, di dover cambiare necessariamente ciò che nei secoli ha sempre rappresentato la normalità collettiva.

La deriva morale dilagante degli ultimi tempi, grazie anche ad una propaganda instancabile da parte del mainstream, ha determinato sempre di più una società caratterizzata dall’egoismo, dal mito dell’indipendenza e dell’autodeterminazione, dell’autonomia, del profitto, della produttività, convincendo le persone che possono da sole soltanto, conquistare un posto nella società, mentre per loro, il resto del mondo è come una popolazione di “mangiatori inutili” come ci insegna il numero due del World Economic Forum, Harari, come un gregge improduttivo che non merita di vivere perché siamo in troppi su questo pianeta.

Così spariscono i valori e le tradizioni. Le famiglie possono essere fluide, le religioni sono tutte uguali o non esistono, il sesso si può cambiare da bambini quindi si può interrompere la pubertà, si può e si deve abortire di più e anche a fine gravidanza, si può decidere di terminare la propria esistenza solo perchè si è stanchi di vivere, si può decidere alzandosi la mattina di essere femmina invece che maschio e poi andare a fare i propri bisogni nel bagno del genere in cui ci sente quel giorno di appartenere, ecc.

Per citare una massima del Vangelo, quel certo Gesù che abbiamo nominato prima, diceva che un albero buono si vede dai frutti che produce. Se i frutti sono buoni e molti, significa che quell’albero è utile, è buono, se non produce frutti o se i suoi frutti sono cattivi, anche l’albero di conseguenza è cattivo.

Per cui prendendo in considerazione questa frase, tutti i provvedimenti, tutte le cose che ci vengono dette, quali frutti stanno producendo? Amore? Pace? Solidarietà? Fratellanza e unità? Amicizia? Collaborazione? Impegno? Responsabilità? Onestà? Sacrificio? Generosità? Altruismo? Rettitudine? O piuttosto Odio, Guerra, Indifferenza, Divisione, Inimicizia, Egoismo, Strafottenza, Irresponsabilità, Criminalità, Avarizia, Isolamento e Immoralità? La risposta mi pare che sia ovvia. Per cui “l’albero” della politica, della società civile, delle istituzioni, ma anche della stampa, delle organizzazioni da cui provengono tutte le iniziative e i mantra martellanti politicamente corretti, ci ottengono questi risultati.

A testimonianza di tutto Questo, ci sono gli effetti che si ripercuotono sulla vita di ogni giorno. Nella nostra città di Arezzo ad esempio, dove la qualità della vita rispecchia la media nazionale, qui, come del resto altrove in tutto l’occidente, si sta verificando sempre di più una alta presenza di persone con disagio psichico. Non solo, non si contano le aggressioni tra baby gangs, le risse per regolare conti tra stranieri o spacciatori, i casi di violenza nei parchi o nelle strade del centro, le zuffe nei locali notturni, nelle piazze la sera nei weekend, per non parlare dei furti, degli incidenti e degli atti di vandalismo.

Il tutto spesso condito dall’uso di alcol o droghe. Negli ultimi tre mesi poi, si sono verificati ad Arezzo e nei dintorni, anche diversi casi di suicidio in pochissimo tempo, che, in parte, anche giustamente non finiscono sulla cronaca dei giornali. Un fenomeno però molto preoccupante e che deve far riflettere, perché spesso coinvolge vittime spesso giovanissime, che decidono di farla finita gettandosi sotto un treno, appendendosi ad una corda in un parco, gettandosi giù da un ponte, o annegando in un fiume. Vittime dicevamo giovani, giovanissime quasi tutte sotto i trent’anni, a causa di una società che non li ha saputi ascoltare, comprendere ed accompagnare, e tutto questo magari avvenuto ugualmente nonostante la pregressa o contemporanea assistenza di servizi sociali e sanitari. 

Stesso dicasi per la scuola e alcuni ambienti sportivi, dove genitori sempre più giustizialisti e garantisti nei confronti dei propri figli, aggrediscono regolarmente insegnanti, educatori ed allenatori e i figli stessi poi che riversano la loro impunità nei confronti dei compagni con atti sempre più pesanti di bullismo. Tutto questo in una inspiegabile inerzia e indifferenza di coloro che dovrebbero occuparsi di garantire una tutela nei confronti dei cittadini, dal punto di vista fisico, economico e morale. E intanto chi utilizza prepotenza, sopruso e violenza, anche solo verbale, a tutti i livelli continua ad agire impunemente indisturbato.

“I have a dream” diceva Martin Luther King. Temo che quel sogno e i sogni di tanti, tardino ad avverarsi.

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